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“Trofeo No Stop Viaggi 2016”, fine delle tre settimane di carico

Sassi

SassiPiccolo e veloce resoconto delle ultime tre settimane di preparazione per la Maratona S. Antonio di Padova. Dopo la mezza del 13 marzo scorso (qui), ho infilato 336 km in ventun giorni (ho corso ogni giorno, senza “doppi”), con anche tre allenamenti in palestra di pesi e core stability: 112 km la prima, 120 km la seconda, 104 km la terza settimana (con gara, ieri).

Queste le sedute più significative…

Ieri ho affrontato la gara più per testarmi ed effettuare un allenamento particolarmente tirato che altro, senza quindi scaricare granché i giorni prima. Percorso di 11,3 km quasi tutto su sterrato, con poche curve ma con un continuo su e giù oltre a una salita (e successiva discesa) abbastanza impegnativa (70 metri di dislivello in 1 km).
Ho fatto la mia gara cercando di gestire lo sforzo andando in progressione (168 bpm medi con picco di 178), senza esagerare in salita e facendo molta attenzione in discesa, non essendo più abituato a correre sulle pietre.

Siamo rimasti in due poco dopo il secondo chilometro. Ho perso contatto dal vincitore alla fine della discesa, non riuscendo più ad avvicinarmi (sono arrivato 22” dopo), iniziando già nel finale a pensare a cosa fare dopo, sempre in ottica maratona: appena arrivato infatti (qui la classifica completa, qui la gara su Strava) ho atteso meno di due minuti e sono ripartito per altri 9 km di corsa lenta in leggera progressione (qui), questa volta su strada. Simpatico siparietto con un automobilista che si fermava per avvertirmi che probabilmente avevo sbagliato percorso: del resto, mi trovavo a oltre 3 km dalla zona di arrivo ancora con il pettorale attaccato… :-D
Alla fine, quasi 26 km, includendo il riscaldamento.
Qui la gara su Garmin Connect, per chi è interessato alle dinamiche di corsa complete (ho accennato il discorso tre giorni fa qui, domani non perdetevi un sorprendente articolo di “Massi” Milani sullo stesso argomento!).

Da questa settimana inizio a ridurre i chilometri delle singole sedute, con l’ultimo allenamento veramente impegnativo giovedì (a dieci giorni da Padova), mentre domenica proverò a testare il (presunto) ritmo maratona. L’ultima settimana? Sarà leggerissima, come sempre!

Corsa e aerei: come allenarsi bene, viaggiando tanto

Viaggi 2015

Se ci fosse una classifica con da un lato le prestazioni in gara e dall’altro il numero di viaggi e di chilometri passati in aereo in un anno, probabilmente il mio amico “Massi” Milani sarebbe da primissimi posti al mondo! Conoscete qualche podista più veloce, con oltre 150 voli presi in un anno (praticamente uno ogni due giorni e mezzo…)?
Da una parte, una ferrea forza di volontà (e una grandissima passione!), dall’altra una capacità di organizzazione e di “predizione” degli imprevisti probabilmente con pochi eguali: riuscire a mantenere lungo tutto l’anno una media di quasi 100 km di corsa settimanali, viaggiando così tanto, meriterebbe la pubblicazione di un libro dal titolo “Lo Zen e l’arte di allenarsi in viaggio”! Chissà, magari gli ho dato un’idea… ;-)

Sullo stesso argomento, non perdete l’intervista di Massi pubblicata sul bel portale Rolling Pandas!

Manchester Airport RunOdio viaggiare e amo correre, ma queste due azioni che caratterizzano da moltissimi anni (parte del)le mie giornate, non sono incompatibili. Oramai sono abituato a convivere con i letti di nuovi hotel, con le cene di diversi ristoranti, con percorsi di corsa dal profilo altimetrico imprevisto, con palestre moderne e antiquate, con la mancanza di sonno, ma soprattutto con la necessità di dover gestire in maniera ottimale il (poco) tempo a disposizione, sempre con l’obiettivo di mantenere alto il mio benessere psico-fisico.

Come fare ad allenarsi viaggiando? Come alimentarsi? Quali percorsi scegliere? Come gestire le sensazioni di stanchezza? Come conciliare lavoro, tempo libero e allenamenti? Quando allenarsi in strada e in palestra? Non ci si abitua mai sufficientemente al disagio generato dal viaggio di lavoro, ma questa piccola guida ha l’obiettivo di consigliarvi come affrontare al meglio alcune situazioni incomode. Prima di procedere, vorrei sottolineare come disclosure che non ricevo nessun compenso dalla pubblicazione delle mie raccomandazioni, né ottengo commissioni per l’eventuale acquisto dei lettori delle app citate nell’articolo. Il mio obiettivo del blog è aiutare i lettori a migliorare il loro rapporto con la corsa. No more, no less.

LE REGOLE DI BASE

Ogni viaggio è diverso dagli altri, ma i vincoli che limitano la possibilità di correre sono gli stessi: riunioni lunghe, orari degli aerei molto variabili, ritardi dei programmi, poco tempo per noi stessi. Nella diversità dei viaggi, restano valide poche regole da seguire, che se rispettate, consentono di risparmiare tempo per allenarsi (quasi) al meglio.

Una prima ipotesi: non allenarsi durante il periodo del viaggio. Se decisa a priori l’ipotesi non è da scartare: in fondo viaggiamo per lavorare, non per correre. In effetti se fosse un evento raro e la durata molto limitata, una possibile idea potrebbe essere di rinunciare a portare le scarpe in valigia. Questa però è un’opzione per nulla consigliata a chi viaggia almeno una volta al mese. In pochi giorni c’è un effetto negativo sulla vostra forma e sul vostro VO2max che si può misurare abbastanza facilmente (leggere Daniels’ Running Formula per maggiori dettagli). Se vi allenate almeno tre volte a settimana, forse è meglio cercare il modo di correre in trasferta.

Pianificare un mese di allenamenti. Sembrerà banale ma per allenarsi con costanza in viaggio, è fondamentale una pianificazione degli allenamenti prima della partenza. Se è possibile, non programmate soltanto la settimana ma anche tutti gli allenamenti del mese. Non suggerisco di pianificare ogni singola ora del viaggio, ma quantomeno stabilire la tipologia di allenamenti e la relativa durata. Come tutte le novità, il cambiamento è difficile, ma una soluzione di compromesso è questa: siccome è improbabile che siate fuori casa quattro settimane al mese, si potrebbe immaginare di far coincidere una settimana di scarico e di recupero con il vostro viaggio all’estero. In tal caso basterebbe correre lentamente due/tre volte in settimana, per un viaggio di quattro/cinque giorni.

A maggior ragione anche il programma settimanale deve essere stabilito prima di partire. Partendo con l’idea che “troverò il tempo per allenarmi”, probabilmente tornerete dicendo “non sono riuscito a gestire adeguatamente il tempo per la corsa”. Nel mio caso il programma è scritto anticipatamente la domenica pomeriggio, trasferito su iPhone, Outlook e su Garmin fenix 3. Soprattutto gli allenamenti di qualità sono decisi a priori. In effetti le eventuali cene della sera prima con fornitori, clienti o colleghi così come le riunioni del mattino sono stabilite diverse settimane prima, quindi è facile decidere anticipatamente se allenarsi intensamente o solo correre per relax oppure se rinunciare all’uscita mattutina.

SonnoPensare di uscire la mattina presto. Se amate il vostro lavoro, ogni scusa è buona per lavorare. In effetti, la mia unica ragione per viaggiare così tanto è poter capire i mercati in cui la mia azienda è presente e anticiparne l’evoluzione a 5 anni. In un’azienda globale, ci sono tantissime persone con quest’attitudine. Ma perché correre alla mattina? Le scadenze sono sempre pressanti in una multinazionale e l’unico momento in cui nessuno vi chiederà nulla sarà proprio appena svegli. Se rinunciate a correre la mattina, il rischio di non farlo aumenta sensibilmente. Chiaramente in tal caso dovrete sacrificare qualche ora di sonno, naturalmente cercando di recuperarle la sera successiva. Un ottimo libro per aiutarvi ad ottimizzare il sonno è Power Sleep di James Maas.

Controllare i vostri parametri fisiologici ogni mattina. In viaggio è veramente importante tenere d’occhio il vostro livello di stress. Banalmente il consiglio è controllare la frequenza cardiaca a riposo. A volte è meglio rinunciare a correre, soprattutto verso la fine di una settimana di un viaggio intenso in cui avete partecipato a riunioni fiume di 8-10 ore senza nemmeno pausa pranzo. Mi è capitato di saltare l’allenamento quando la stanchezza fisica ha preso il sopravvento sulla voglia di correre, magari dopo una cena durata troppo. Per un approccio più analitico, se non l’avete ancora fatto, il consiglio è di leggere l’articolo dell’HRV dalla A alla Z.
HR a riposoHRVrMSSD

 

 

 

Correre all’aperto è fondamentale. Per esperienza non si può prevedere a priori l’hotel in cui sarete alloggiati, ma una volta capito dove dormirete la ricerca di nuovi percorsi è diventata un gioco da ragazzi. Le principali catene di hotel offrono consigli e spesso anche mappe per scegliere dove allenarsi. Al tempo stesso esistono molteplici applicazioni del telefono che consentono di identificare luoghi in cui correre (si veda sotto): trovare un percorso decente è diventato abbastanza facile. Certo è che per l’allenamento di qualità la soluzione migliore è la ricerca di un parco cittadino. Nel caso foste lontani, fatevi portare da un taxi oppure dalla metro, e non dimenticate qualche spicciolo per tornare. Ovviamente non consiglio di uscire in strada a Mosca o Detroit durante l’inverno (si veda la parte tecnologia).

Sempre bagaglio a mano. Viaggiare “lean” è una scelta che consente di facilitare la gestione del tempo, e soprattutto permette di avere sempre a disposizione i vostri strumenti per correre. Nel 2015 mi è capitato che in un viaggio negli States il mio bagaglio fosse consegnato a Washington, mentre io dovessi andare a Detroit. Per fortuna offriva tutti gli strumenti per correre, nell’attesa di recuperare il mio agognato trolley.

Come alimentarsi. Prima o poi ne parlerò, preferisco scrivere di un argomento senza banalizzarne il contenuto. L’unico consiglio che mi sento di dare è di evitare assolutamente il cibo proposto sull’aereo, meglio aspettare qualche ora e mangiare decentemente al ristorante. A volte vale la pena attendere per mangiare il vostro cibo preferito (nel mio caso, “trio of tuna”).

Andare a letto presto. Almeno una volta a settimana, cercate di andare a letto presto. Ci saranno giornate in cui cene da quattro portate vi porteranno a ridurre sensibilmente il sonno e ad alterare il vostro ritmo circadiano.

ME, MYSELF AND I

Viaggi 2015La mia esperienza di viaggiatore per lavoro è ventennale, quella di podista ha di poco superato un lustro. Per descrivere i miei spostamenti annuali, ho preparato un piccolo grafico che illustra sinteticamente i viaggi del 2015, 45 settimane di trasferte all’estero, oltre 150 voli, più di centomila miglia percorse con l’aereo, e nonostante ciò, (quasi) 100 km a settimana corsi. Non ci sarei mai riuscito se non avessi avuto una discreta capacità di pianificazione. Affronto oramai i viaggi in maniera consapevole e mi comporto in maniera diversa a secondo del numero di voli settimanali.

Due viaggi. E’ la situazione “normale”, l’unica vera accortezza è verificare la vostra capacità di correre intensamente il giorno successivo al viaggio. Prima di monitorare la variazione del mio HRV ero convinto fosse impossibile. Dal punto di vista psico-fisico è molto duro cambiare il ciclo circadiano, svegliarsi due/tre ore prima del solito influenza notevolmente la possibilità di svolgere sedute di qualità la mattina successiva (provare per credere, e vi assicuro che mi sono impegnato). Solitamente se il viaggio è di lunedì, il mio primo allenamento di qualità è mercoledì. Come regola generale, suggerisco un giorno di riposo il giorno del viaggio e una corsa lenta quello successivo. Negli altri giorni di trasferta, non sarà invece difficile seguire la propria tabella.

Tre o quattro viaggi. Con spostamenti multipli, si gioca in difesa: stracciate la tabella settimanale, e pensate solamente a correre. Tra la fine della riunione e l’inizio della cena passa solitamente un’ ora, approfitto di quel momento di pausa per rilassarmi 40-45 minuti sul tapis roulant. Anche se la vostra tabella non sarà rispettata, correre lentamente sul tapis è molto noioso, meglio cercare di svolgere una minima qualità. La tecnologia del tapis aiuta: gli ultimi modelli LifeFitness o Tecnhnogym dispongono di relativo pulsante che alterna due velocità. Inoltre i nuovi treadmill consentono di pianificare gli allenamenti: mi porto sempre una chiavetta USB a tale scopo. Con un doppio spostamento, meglio cercarsi un hotel vicino all’aeroporto, questo aiuta a risparmiare sensibilmente tempo, non soltanto per la corsa. Infine, se l’ultimo volo della settimana è alla mattina presto (per esempio sabato mattina), una possibile soluzione è “doppiare”: riscaldarsi trenta minuti sul tapis alle sei del mattino, prendere l’aereo e poi correre a casa una seduta lunga o intensa.

Cinque o sei viaggi. Succede, sebbene abbastanza raramente. In tal caso, ogni velleità d’allenamento serio si spegne: le condizioni psico-fisiche non sono mai ottimali con una frequenza di viaggi del genere. Per massimizzare le probabilità di corsa, sarebbe opportuno arrivare a “destinazione” sempre alla sera per poter riuscire a correre la mattina successiva prima delle riunioni. Tale accortezza aumenta però i rischi, visto che i voli serali tendono a essere maggiormente in ritardo. È una situazione molto sfavorevole: arrivati in hotel dopo mezzanotte, consigliamo quindi di correre solamente in maniera lenta il giorno successivo. Comunque si imposti il problema, la coperta è corta, pensare a una settimana di scarico sembra la migliore idea.

Viaggi intercontinentali. Mi è capitato per un paio d’anni di seguire i paesi Brics, per fortuna non lo faccio più. Solitamente un viaggio intercontinentale è di 10-15 giorni. Il segreto è di accettare che il corpo ha bisogno di un adattamento prima di poter svolgere allenamenti intensi. Andando negli States o in generale verso Occidente, risulterà facile svegliarsi presto alla mattina successiva. La corsa a Oriente è molto più complessa, servono almeno due o tre giorni per adattarsi al jet lag. Correre la sera è l’unica opzione, ma non esagerare con l’intensità, per evitare di non riuscire ad addormentarsi.

LA TECNOLOGIA

Sebbene non tutti saranno d’accordo, la tecnologia ci aiuta a vivere meglio. Nella corsa, per chi “è in movimento”, la tecnologia è fondamentale per pianificare l’allenamento. Le regole atletiche sono valide anche se siete in viaggio. Non credo proprio che senza una preparazione focalizzata si riesca a migliorare la propria forma, ma utilizzo la tecnologia per risparmiare tempo, e oramai non posso farne a meno. Di seguito alcuni strumenti che consiglio di utilizzare a chi viaggia continuamente per ottimizzare la propria condizione psico-fisica, ma anche il tempo. Con l’evoluzione delle tecnologie cellulari, esistono sicuramente altri strumenti che possono servire a noi podisti perennemente in viaggio, invito caldamente il lettore a indicarli nei commenti.

Strava. Partito come sito social sportivo, con il tempo si è trasformato in una potente app, che viene utilizzata come coltellino svizzero per scegliere il percorso su cui cimentarsi la mattina successiva. Tra i vari menù, esiste quello che consente di determinare dove hanno corso precedentemente altri membri del sito. Una delle motivazioni per correre intensamente in trasferta potrebbe essere quella di cercare di ottenere dei “course record”, ossia il miglior tempo su un determinato percorso.
Footpath Elite. Una volta determinato il luogo in cui correre, con questo piccolo strumento si può estrarre il percorso ed esportarlo sul vostro GPS preferito. Ovviamente il suggerimento è farlo il week-end antecedente alla partenza. Serve la versione Elite per poter esportare i dati sul Gps.
Wifi Map Pro. Vista la quantità limitata di dati roaming dei gestori di telefonia, da un anno utilizzo uno strumento (legale) che consente di accedere a moltissime password di collegamenti wi-fi, offerte dal social network. Davvero consigliato per poter scaricare velocemente i dati post-allenamento. Si tenga però conto dei pericoli del Wifi libero. In questo caso vi consigliamo di utilizzare questa guida in inglese.
Garmin fenix 3. Ho abbandonato il coetaneo Forerunner 920xt per tre ragioni principali. A parte l’estetica e la maggior frequenza d’aggiornamento del firmware, il fenix 3 ha decisamente una miglior capacità di navigazione che si può sfruttare in viaggio (oltre che nelle gare di trail). Mi è capitato di perdermi in sedute lunghe corse a Francoforte e a Shanghai, ma ora con la funzione “Back to start” e “TrackBack” non ho la necessità di prendere un taxi per tornare all’ovile.
Hrv4training. E’ abbastanza nota la mia preferenza per questa piccolo strumento. A parte per l’allenamento, la utilizzo costantemente per monitorare il mio benessere psico-fisico. Nota: molti dei grafici sono ottenuti estraendo dati da HRV4Training.

In conclusione, non è davvero facile correre in trasferta ma, con alcune accortezze, si riesce a farlo senza grosse difficoltà. Non bisogna mai dimenticare che in un viaggio di lavoro lo stress aumenta sensibilmente: monitorare il proprio corpo e i suoi parametri fisiologici è davvero importante in condizioni non ideali.




“Massi” Milani e il PB alla “Scarpa d’Oro Half Marathon 2016”

Premiazione "Scarpa d'Oro Half Marathon 2016"

Stesso giorno, quasi lo stesso orario di partenza (9:30 “Massi”, 10:00 io), stessa lunghezza di gara. Ovviamente percorso differente (ci dividevano circa tre ore di macchina…).
Non aggiungo altro, solo un’esclamazione (ok, scontata…): “GRANDISSIMA PRESTAZIONE!”. L’ho già scritto da qualche altra parte, ma migliorare così tanto, a quasi 44 anni (la fisiologia parla chiaro, vedi l’ultima immagine dell’articolo), un tempo in mezza già ottimo per un amatore, con una vita che definire frenetica e impegnata è poco… lascia quasi senza parole! E non si tratta di una giornata “fortunata” o “ideale”,  ma al contrario è la naturale conseguenza di un’incredibile dedizione negli allenamenti quotidiani (viaggia da mesi regolarmente oltre i 130 km di media settimanale…).

Ecco il suo racconto:

Premiazione "Scarpa d'Oro Half Marathon 2016"“Una volta eliminato l’impossibile, qualunque cosa rimanga, per quanto improbabile, deve essere sicuramente la verità”, scriveva così lo scrittore scozzese Arthur Conan Doyle alla fine del diciannovesimo secolo.

Gareggiare per testare la condizione. Negli ultimi giorni questa piccola citazione mi tornava spesso alla mente, anche per un breve soggiorno nella terra di Albione. Sapevo di essere migliorato, la costanza degli allenamenti invernali e il carico di Febbraio mi hanno permesso di incrementare la condizione ma l’unico vero esame in Atletica è la gara. Odio apporre il pettorale sulla canotta, è una fonte inesauribile di stress e la mia esperienza sulla mezza maratona è molto limitata, non ho mai gareggiato seriamente, le mie gare sono più lunghe. Ma Steve Magness suggerisce la mezza come “diretto supporto” alla maratona. Inoltre avevo promesso al socio a Dicembre 2015 che avremmo sincronizzato i calendari, per continuare quel filo virtuale già riproposto nei nostri articoli congiunti. Quindi gareggiare a Marzo è diventato di fatto “inevitabile” per chi come me cerca ogni tanto di testare i propri limiti.

Scarpa d’Oro. Mi sono presentato con molta inquietudine ai nastri di partenza della Decima Edizione della Scarpa d’Oro, la mezza Maratona di Vigevano, curioso di capire l’impatto di allenarsi seguendo i consigli di HRV4Training. Ma sono stati molti i motivi che mi hanno portato a Vigevano. Sapevo che l’organizzazione era davvero ben oliata e che le valutazioni degli anni passati dei tanti podisti presenti nella città ducale fossero molto positive. L’accoglienza della città per la manifestazione è sempre particolarmente “festosa”, soprattutto se confrontata con quella delle gare della zona. Il percorso cittadino, con il passaggio nella famosa piazza Ducale, rende più piacevole la fatica dei primi chilometri, mentre la parte centrale nelle campagne in prossimità della cittadina pavese consente di ammirare paesaggi molto bucolici. Come ciliegina sulla torta, volevo rivivere il ricordo dell’arrivo alla pista d’atletica dello stadio Merlo di due anni fa, quando migliorai il personale di 3 minuti, cogliendo un settimo posto inaspettato. Peccato che il calendario podistico a metà Marzo sia veramente denso, una manifestazione del genere meriterebbe in pochi anni di raddoppiare i partecipanti. Anche se l’incremento delle gare sembra superare quello dei nuovi podisti, soltanto gare ben organizzate come Vigevano vedranno crescere il numero di iscritti. Ottima l’idea della risottata finale, l’unico suggerimento che mi sento di fornire è offrire alimentazione LCHF per chi non consuma (troppi) carboidrati: memore di due anni fa, il cioccolato 99 percento me lo sono portato da casa.

CenaLa mia prima volta e la vigilia. Tecnologicamente ho cambiato GPS, indossando per la prima volta il Garmin Fenix 3 (passando dal Forerunner 920xt), ne parlerò prossimamente sul sito. Nonostante qualche viaggio di troppo, che ha influenzato il livello di freschezza fisica e mentale in partenza (non avendo più vent’anni, non riesco più a dare un senso ad una cena il venerdì sera alle 22 all’aeroporto di Heathrow), ho potuto scaricare “adeguatamente”, basando la durata e l’intensità degli allenamenti dell’ultima settimana sull’algoritmo di Garmin chiamato EPOC (presente negli orologi premium Garmin, Forerunner 620, , Fenix 3 e Forerunner 920xt).

Andamento garaLa gara. Mentalmente mi ero preparato a correre i primi 5km a 3’30” a km, sapendo che l’obbiettivo in maratona tra 5 settimane sarà di 3’40”. Ma le sensazioni erano buone e inizialmente mi sono accodato al gruppetto dei primi, strategicamente un errore che ho pagato con un calo nella seconda parte. Dopo i vari passaggi in centro città, caratterizzati da numerose curve e cambi di direzione, l’incremento di battiti mi ha portato per fortuna a miti consigli. Pur essendo a mio agio con il ritmo impostato, ho preferito rallentare alla vista delle campagne pavesi, lasciando il gruppetto dei primi a qualche metro di distanza ed usando la loro andatura come “virtual partner”, senza mai perderli di vista. Al passaggio del decimo chilometro, in 34’24”, il distacco non si era incrementato significativamente, aumentando il mio livello di fiducia per la maratona di Anversa. Poco da eccepire nella seconda parte: non ho avuto nessun sussulto d’orgoglio negli ultimi 20 minuti di gara, riducendo lentamente l’andatura, consapevole di aver raggiunto l’obiettivo prefissato e cosciente dei miei limiti e della bravura degli avversari. Se mi fossi allenato più intensamente, se avessi viaggiato di meno, degustando vino soltanto poche volte, forse mi sarei velocizzato ancora un po’. Sicuramente l’età non sta giocando a mio favore.

Massi meets Strava e HRV4Training. L’unico rammarico della settimana è stata l’incapacità di misurare l’HRV alla mattina successiva alla gara, ma se l’avessi fatto rischiavo di perdere l’aereo. Interessante notare che sono stato recentemente selezionato come “beta tester” della nuova versione di HRV4Training, da una settimana integrata con Strava. Senza ombra di dubbio, entrambe le piattaforme sono le mie preferite, perché in simbiosi con il mio modo di interpretare la corsa, di pianificare al meglio l’allenamento e analizzare in maniera sistematica alcuni parametri di gara. Per tutto il resto, R resta il coltellino svizzero di noi podisti analitici.

Età e rallentamento fisiologicoLe domande più frequenti. Molti amici mi hanno contattato chiedendomi come ho fatto a migliorare così tanto negli ultimi mesi. Altri mi hanno domandato se tra cinque settimane riuscirò a scendere sotto le 2h35′ in maratona. Non so rispondere, però vi posso fornire un metodo per rispondere ai due quesiti: eliminate l’impossibile, tutto quello che rimane, per quanto improbabile, sarà sicuramente vero.

“Maratonina delle 4 porte 2016”: vento, testa… e gambe!

"Maratonina delle 4 porte 2016", partenza

"Maratonina delle 4 porte 2016", partenzaPrima gara del 2016 e prima gara da “vero” Master (categoria SM40 dal 1° gennaio, anche se entrerò ufficialmente nella categoria degli “… anta” solo tra un mesetto), l’occasione giusta per iniziare a usare il cervello in gara!
Il percorso lo conoscevo abbastanza bene, avendola corsa nel 2012 e nel 2013 (con lievi differenze di tracciato nell’ultimissima parte di gara). Sapevo anche del vento, ma mai avrei pensato di ritrovarmi in gara come durante gli allenamenti a Trieste, quando tira Bora forte!

L’idea era quella di testarsi: non era solo la prima gara della stagione, ma anche il primo “vero” impegno agonistico da giugno dell’anno scorso: in questi nove mesi avevo attaccato il pettorale altre tre volte (il 12 luglio alla Sappada Hard Half Marathon, il 1° novembre alla mezza dell’Ecomaratona del Barbaresco e del tartufo bianco d’Alba, il 12 dicembre alla staffetta 24 x 1 ora del Telethon), ma più in modalità “turistica” che agonistica.
Dopo oltre undici settimane di preparazione regolare (vedi qui), era l’occasione per vedere a che punto stavo. È sicuramente  possibile capirlo già dai riscontri in allenamento, ma la gara è sempre qualcosa di diverso, soprattutto se è passato tanto tempo dall’ultima volta…

La strategia che avevo in mente si poteva quindi riassumere in una sola parola: PRUDENZA! Prima parte in controllo, lanciando ogni tanto un’occhiata anche al valore del cardio (cosa che in gara normalmente non faccio mai!), seconda parte in progressione, cercando di finire forte, anche in funzione delle prossime settimane (dedicate alla maratona).

Allo sparo trovo subito il mio spazio e ignoro tutti quelli che mi passano a destra e a sinistra (classici esemplari maschi di “kamikaze runner”). Decido di prendere i lap manuali ogni 3 km, in corrispondenza dei cartelli chilometrici.
Si formano da subito dei gruppetti abbastanza numerosi: io sono nel terzo, assieme ad altri due atleti. Si sente già il vento contrario, ma non dà troppo fastidio. Al 3° km passiamo in 10’31” (3’30” al km), decisamente più veloci di quanto avevo previsto (puntavo a stare intorno ai 3’35” al km per almeno un terzo di gara…), ma da un lato non volevo rimanere da solo, dall’altro stavo facendo veramente poca fatica (152 bpm medi fino a quel punto).

Nei successivi chilometri la situazione rimane più o meno invariata (passiamo solo un paio di “kamikaze runner” già in grave affanno…), quasi fino al cartello del 6° km, quando il vento inizia a farsi via via più forte, facendoci rallentare. Chiudo il secondo lap di 3 km in 10’42” (3’34” al km, 163 bpm medi) e da qui inizia la parte più dura, con tre chilometri completamente controvento. Sembra quasi una situazione fantozziana, tanto che al 7° km passo in 4’05”: perdo parecchia strada da chi mi precede, ma preferisco “abbandonarmi” al vento piuttosto che lottare, sprecando energie inutilmente (Bora docet!), confidando nella seconda parte di gara. Al 9° km chiudo il terzo lap di 3 km… 11’50”!!! Quasi 3’57” al km a 163 bpm medi, quasi 30” al km più lento degli split precedenti, a parità di sforzo…

Per fortuna, poco dopo il 9° km si gira a destra e s’inizia il ritorno verso Pieve, quindi il vento ora è a favore! Mi rilasso un attimo e torno facilmente sotto i 3’30” al km, nonostante il rettilineo in leggera salita. Al cartello del 12° km il lap segna 10’23” (3’28” al km, 167 bpm medi), parziale quasi identico anche al 15° km (10’22”, 170 bpm medi).

Passo altri due atleti (quelli che con il vento contro mi avevano staccato…) e mi avvicino poco alla volta a quello che mi precede, continuando a girare sempre sotto i 3’30” al km. Poco dopo il 17° km, nuova curva a gomito ed ecco un altro tratto controvento di circa 900 m: nonostante il rallentamento, chiudo il lap al 18° km in 10’36” (3’32” al km, 171 bpm medi), e per fortuna dopo un centinaio di metri c’è un’altra curva a gomito: fine del vento contro, ora arriva lateralmente.

Mi preparo per la progressione finale, prendendo come riferimento l’atleta davanti. Aumento poco alla volta il ritmo e mi avvicino sempre più: decido di giocarmi la posizione nel finale di gara, con una volata abbastanza lunga, quindi aspetto l’ultima curva prima dell’arrivo per cambiare decisamente passo e concludere bene in spinta, staccandolo di 4” in poco più di 150 metri (10’42” per gli ultimi 3.097 metri, 3’25” al km con 172 bpm medi e un picco di 181 alla fine).

Molto soddisfatto per la gestione della gara, decido in pochi secondi di sfruttare il momento: rifiato meno di due minuti e parto nuovamente di corsa, per fare qualche chilometro in più in ottica maratona. Due km di corsa lenta, cinque cambi di ritmo (200 m forte alternati a 200 m piano) e per finire altri due km di corsa lenta. Uniti alla gara, al riscaldamento e al defaticamento, portano il chilometraggio totale della giornata a quasi 31 km…

"Maratonina delle 4 porte 2016", premiazioneConcludo la mia gara al 9° posto assoluto (2° di categoria) in 1h15’08” (3’33” al km) a 166 bpm medi (qui la classifica completa). Grande soddisfazione per aver corso con testa e soprattutto in progressione di ritmo e impegno (la FC media dei vari lap di 3 km è 152-163-163-167-170-171-173). Senza vento il crono finale sarebbe stato sicuramente migliore (diciamo tra 1’30” e 2′ in meno), ma quello conta relativamente. La forma VERA deve arrivare tra qualche settimana e c’è ancora parecchio margine, anche perché normalmente le mezze le corro sempre sopra i 170 bpm medi…

Qui la mia gara su Strava, qui i 6 km post-gara.
Qui e qui invece, gara e allenamento successivo su Garmin Connect: ho gareggiato per la prima volta con il (e la fascia cardio HRM-Run). Lo sto utilizzando da martedì scorso (per quattro allenamenti l’ho indossato sullo stesso polso assieme al TomTom Multi-Sport Cardio).
In attesa della prima recensione (datemi ancora una decina di giorni!), è stata l’occasione per analizzare per bene le dinamiche di corsa avanzate, fornite dalla fascia (lunghezza del passo e cadenza di corsa, oscillazione e rapporto verticale, tempo di contatto al suolo e bilanciamento sinistra/destra): le avevo già studiate in allenamento, ma ovviamente a ritmi poco uniformi (riscaldamento, defaticamento, recupero tra le ripetute…) è difficile avere una visione precisa.
Che dire? Molto interessanti: lunghezza media del passo di 1,5 metri, cadenza media 188 passi al minuto (picco di 203), rispettivamente 8,9 cm e 5,7% la media di oscillazione e rapporto verticale, 204 ms (millisecondi) il tempo medio di contatto al suolo e 50%/50% il bilanciamento medio sinistra/destra. Ne scriverò dettagliatamente più avanti, comunque osservando i vari grafici è interessante notare che, nei tratti controvento, la cadenza e l’oscillazione verticale diminuiscono, mentre ovviamente aumentano i tempi di contatto al suolo e il rapporto verticale.

Garmin Forerunner 630, VO2max a 62Interessante anche il discorso relativo alla valutazione del VO2max con le conseguenti previsioni di gara. Ne aveva scritto dettagliatamente il mio collega “Massi” Milani qui (a proposito, non perdetevi tra due giorni il racconto della sua mezza, corsa a Vigevano… chi ci segue già sa!), spiegando che ovviamente la stima non può essere infallibile: troppi fattori influenzano il rapporto tra prestazione esterna (ritmo al km) e resa interna (battiti cardiaci), gran parte dei quali non sono valutabili dal GPS. Dal 60 post-sgambata di sabato (valore corrispondente a una mezza in 1h18′) sono passato al 62 post-gara di domenica (corrisponde a una mezza poco sotto 1h16′), ma ovviamente il Garmin non sa del vento…
Non anticipo troppo perché anche qui c’è abbastanza materiale da dedicarci un articolo a parte!

Ora mancano cinque settimane a Padova. Non ho uno schema già pronto (anche se… vedi qui), ma un’idea di massima sì, anche guardando a quanto fatto in passato: questa settimana starò “tranquillo” almeno fino a mercoledì compreso (corsa lenta e poco altro), in modo da recuperare bene. Giovedì farò un po’ di qualità, senza esagerare con l’intensità. Nel fine settimana un lunghissimo, ma ancora non so se in progressione o con delle variazioni di ritmo all’interno. Cercherò di arrivare oltre i 100 km, su sette sedute. La prossima e quella successiva saranno invece le due settimane decisive: punto ad arrivare almeno a 250/260 km in due settimane, con sicuramente un altro lunghissimo. Poi le classiche ultime due settimane dove s’inizia a scaricare…

Dalla maratona alla mezza in poche settimane… parte 2

4 settimane dalla maratona alla mezza

Puntuale come un orologio svizzero, ecco la seconda parte dell’articolo (sempre a cura di “Massi” Milani), a 48 ore esatte dalla prima (qui). Oltre alle gambe dei nostri lettori, abbiamo entrambi a cuore il loro cervello, che va mantenuto altrettanto allenato: ecco il motivo per il quale nella tabella proposta, i ritmi INDICATIVI sono da calcolare su base percentuale, fermo restando quanto scritto in questo articolo nel paragrafo “Variabilità della Corsa Lenta tra atleti diversi”

“L’uomo che aspetta che l’anatra arrosto possa volare direttamente nella sua bocca dovrà aspettare per lungo tempo”. I nostri amici cinesi ci riempiono di perle di saggezza e questo è un sentimento comune ai nostri lettori. Dovevamo parlare per esempio delle dinamiche di corsa (gen 1 e gen 2), dell’alimentazione, del dilemma del podista, di quale app HRV scegliere, di come sfruttare le statistiche di HRV4training o di Ithlete. Tutti argomenti che descriveremo prossimamente (attendiamo anche noi l’anatra arrosto). Ma per fortuna questa volta il lettore di TheRunningPitt ha dovuto attendere soltanto 2 giorni per leggere la seconda parte dell’articolo su come “dimezzare” la maratona. Nella prima parte abbiamo descritto come la tecnologia ci potrebbe aiutare a pianificare il ritmo gara, in questa seconda parte illustreremo il cuore del problema: come scegliere il ritmo, quanto far durare la preparazione, come gestire il carico di lavoro ed infine come pianificare gli allenamenti.

A quale tempo puntare? Suggeriamo di valutare 5 alternative:
1) Prendere il risultato della prima parte della maratona, e calcolarne il passo al chilometro, ritmo a cui togliere il 3-5 percento;
2) Se avete corso una mezza maratona tirata come test negli ultimi 30-45 giorni, usare quel ritmo al chilometro come ritmo obiettivo;
3) Basandosi su allenamenti precedenti alla maratona, prendere per esempio l’ultima sessione di qualità, a dieci giorni dalla gara. Magari avete corso 5 ripetute di 1.000 metri, con 2 minuti di corsa lenta, oppure un corto veloce (“tempo run”). Se allegate nei commenti il link al vostro allenamento intenso, promettiamo una “consulenza personalizzata”;
4) Effettuare un nuovo test. Esistono moltissimi test pre-gara, non vale la pena illustrarli in questa sede. Il vero problema è che il tempo a disposizione è molto limitato e di conseguenza è più saggio affidarsi a dati recenti;
5) Utilizzare la media suggerita dal vostro Garmin nelle previsioni di corsa sui 10 km, aggiungendo il 5-6%. Tutti i 5 approcci sono validi, il nostro suggerimento è “mediare” i diversi criteri per stabilire il ritmo gara, e poi “aggiornarlo” sulla base degli allenamenti (come suggerito dal Teorema di Bayes).

Durata Preparazione. Una volta deciso quale obiettivo raggiungere, il passo seguente è scegliere la durata della preparazione. Il vero vincolo è la capacità di recupero post-maratona, soprattutto a livello muscolare. Ogni fisico è diverso, e anche l’alimentazione, che influenza i tempi di recupero, non è “omogenea” (avete per esempio mangiato proteine il pranzo dopo la maratona?). Quindi non esistono regole generali valide per tutti. Inoltre, si deve tenere conto che anche il numero di chilometri settimanali influenza il tempo di recupero. Per evitare il caldo di giugno, assumiamo che 4-6 settimane siano la durata “ottimale” bilanciando il rischio d’infortunio con il possibile miglioramento di forma e il decadimento della prestazione dovuta al caldo estivo. Per iniziare a correre nuovamente allenamenti di qualità, uno dei possibili trucchi suggeriti dal libro di Massini è di allenarsi anche il giorno successivo alla maratona. Il professore fiorentino chiama l’allenamento “day after”, che consiste, dopo un riscaldamento adeguato, nell’effettuare scatti di 100 metri al ritmo gara, ripetuti una decina di volte. Se eseguito correttamente, il recupero sarà più rapido. Viste le limitazioni dei GPS, l’importante è tenere un ritmo sostenuto, non necessariamente correre precisamente alla Velocità di Riferimento (come indicato nel libro).

SS e rTSSCarico allenamenti. Non sono sicuro di come abbiate impostato il vostro carico settimanale per la maratona. Come da manuale , probabilmente avete impostato un livello “massimo” di chilometri settimanali, e poi suddiviso i carichi su diversi cicli. Per la mezza maratona, non cercate un carico di lavoro enorme, meglio puntare all’intensità ma solo a partire dalla seconda settimana. Siccome intensità e quantità sono aspetti indissolubilmente legati tra di loro, per misurare le vostre performance, suggeriamo di usare un parametro sintetico che collega quantità (km) e qualità (intensità dell’allenamento), per esempio fornendo il numero di ore corse alla soglia. Ne esistono almeno due, sui siti Strava (Suffer Score) e TrainingPeaks (rTSS). Confrontando i dati di Febbraio 2016, si può effettivamente notare che sono davvero strumenti equivalenti, suggeriamo di usarne almeno uno per valutare il vostro carico di lavoro.

TSSTenete conto che HRV4Training fornisce dopo 40 rilevazioni alcuni grafici sintetici per correlare carico di lavoro e HRV. La versione attuale usa l’rTSS ma sono previsti anche gli sviluppi Strava. Se il mio numero sintetico medio settimanale fosse di 700-750 per la maratona, punterei a limitare il carico a 500-600 (riduzione del 15-30%).

 

 

Chilometraggio settimanaleNel caso non abbiate a disposizione questi siti, banalmente un grafico chilometrico vi può aiutare a capire di quanto ridurre i chilometri (suggerimento: riduzione del 25%-35%).

 

 

Tabella allenamenti. Come già spiegato nell’articolo su come doppiare la maratona, la prudenza non è mai troppa e correndo soltanto “lentamente” non si può sbagliare. Non accelerare il recupero se il vostro corpo non è pronto. Ma per chi volesse portare il proprio corpo al limite, abbiamo preparato una tabella di quattro settimane, che minimizza il rischio d’infortunio ma include alcune sedute di qualità.

4 settimane dalla maratona alla mezzaLa prima settimana sarà di completo recupero, la seconda finalizzata ad aumentare i chilometri, la terza a valutare la propria capacità di correre a ritmo mezza maratona, e l’ultima di scarico. Questa è solamente una delle possibili combinazioni, l’importante è non saltare le sedute di qualità, magari variandole sulla base delle proprie preferenze e abitudini. Probabilmente la scelta ottimale per le sedute intense è di eseguirne 1 nella seconda settimana, 2 o 3 nella terza ed 1 all’inizio della settimana della gara.

Più settimane? Nel caso aveste a disposizione 5 o 6 settimane, al vostro posto saremmo più cauti nel carico dei primi 10 giorni, alternando uscite di corsa lenta con uscite di bici o di nuoto, per poi aumentare gradualmente il carico di lavoro. In tal caso varrebbe la pena immaginare di svolgere rispettivamente 6 sessioni di qualità con 5 settimane (e 8 sedute con 6 settimane), riducendo ulteriormente gli allenamenti a ridosso della gara.

Soddisfatti o rimborsati. In conclusione, ci sono molti aspetti da tenere in considerazione per decidere se e come scegliere gli allenamenti per ottenere il Personal Best sulla mezza maratona, dopo aver concluso bene la gara sulla distanza regina. La componente mentale e la corretta pianificazione faranno la differenza tra successo e fallimento. Al podista impaziente ricordiamo che ottenere il personale sulla mezza maratona è sempre possibile visto il numero di gare competitive sui 21,097 km ogni settimana: anche aspettare potrebbe essere una ricetta di successo, dodici settimane di allenamenti sono meglio di quattro.
Altre tabelle potrebbero portarvi al Personal Best, ma siamo sicuri che tra quattro settimane sarete soddisfatti di aver seguito il nostro approccio.

Dalla maratona alla mezza in poche settimane… parte 1

Fattore Aerobico di Maratona

Dopo l’articolo della scorsa settimana (qui), ecco la prima parte dell’articolo relativo al percorso inverso (dalla maratona alla mezza), stavolta a cura di “Massi Milani”… alla fine trovate le mie considerazioni personali.

“Non esiste una relazione dimostrabile tra il tumore al polmone ed il fumo di sigarette”. E pensare che il più famoso statistico al mondo, inventore di quasi tutte le teorie studiate sui banchi di scuola, negli anni cinquanta voleva convincere il mondo che una correlazione di quel tipo non fosse causale. Fisher lo fece pubblicando le sue teorie su riviste famose come Nature o The British Medical Journal. Il grande genio inglese non negava la relazione statistica tra i due eventi, contestava però che non fossero legati da relazione causa/effetto, citando come paragone l’esempio del legame casuale tra importazione di mele e l’aumento percentuale di matrimoni in Inghilterra. Per la cronaca, proprio settimana scorsa è uscita la versione Kindle del libro “Why” che spiega come pensare in maniera logica alle relazioni causali. Assolutamente consigliato al maratoneta :-)

Non abbiamo ancora veramente affrontato il «dilemma del podista», ma nelle prossime settimane ci arriveremo: ci sono tantissimi argomenti interessanti che meritano di essere affrontati, con rigore, indipendenza e tempestività, le tre principali caratteristiche di tutti i nostri articoli. Se avete corso la maratona di Treviso, oppure pensate di correre una maratona a Marzo, un’idea non troppo balzana potrebbe essere riprendere presto a gareggiare. Assumendo un risultato soddisfacente, in cui la prima e la seconda parte non abbiano una variazione superiore al 2-3 percento, forse varrebbe la pena affrontare una nuova gara nei 30-45 giorni successivi. Abbiamo già descritto come passare sia dalla mezza alla distanza regina, sia come doppiare la maratona (e doppiare la maratona 2.0), ma ci siamo dimenticati di raccontare un’ulteriore possibilità per il podista. Perché al posto di raddoppiare o doppiare, non dimezzare? Per quale ragione rimettersi a correre dopo una maratona? Come farlo? Quanto tempo per prepararsi? Come prepararsi? A che velocità allenarsi e gareggiare? E soprattutto perché è importante conoscere il concetto di correlazione per il podista amatore? Ci sono poche probabilità che questo articolo vi sia utile nei prossimi 20 giorni: la stagione delle maratone non è ancora iniziata fino in fondo. Ma per portarci avanti, abbiamo pubblicato una selezione di consigli per chi, una volta completata una maratona, abbia intenzione di dimezzare la distanza, cercando possibilmente di ottenere un personal best. Lo abbiamo fatto “dimezzando” l’articolo in due parti. Prendere a piccole dosi nozioni noiose e indigeste è sempre stata una strategia vincente all’università.

Ragioni per dimezzare. Lo stato di forma di fine preparazione di una maratona con quattro o cinque mesi di allenamenti intensi è sicuramente superiore a quello antecedente all’inizio degli allenamenti. Anche il completamento di una gara intensa e lunga ha sicuramente migliorato il morale. Questa situazione andrebbe sfruttata al meglio, sempre che la competizione non vi abbia lasciato significativi problemi muscolari. Ma il problema che si pone è che pochissimi vorrebbero impegnarsi ad allenarsi duramente per altri 2 mesi per ottenere un nuovo personale sulla maratona. Dimezzare potrebbe quindi essere una scelta saggia nonché vincente. Ed in tal caso basta davvero molto meno tempo.

Quale obiettivo. Gareggiare senza obiettivo non è la caratteristica di un podista evoluto. Per impostarne un obiettivo sensato (per intenderci, un obiettivo SMART), bisogna pensare non soltanto a come raggiungerlo, ma anche a come impostarlo. Semplificando il ragionamento, ci sono 4 grandezze da considerare, la “media a cui puntare in gara” (l’obiettivo), il “numero di chilometri / carico settimanale”, il “ritmo degli allenamenti”, e la “sequenza di allenamenti” (le ultime tre grandezze aiutano a capire come raggiungerlo). Anche se sembra un ragionamento contorto, la parte più difficile è determinare l’obiettivo, non raggiungerlo, quindi siamo costretti ad aprire una piccola parentesi su come determinare il vostro ritmo base…

Velocità di corsaRelazione tra Distanze. La fisiologia di corsa ci assicura che esiste una relazione matematica precisa tra distanza e velocità di corsa. Ne parla in maniera dettagliata Jack Daniels in tutte le edizioni dei suoi libri. In sintesi, aumentando la distanza, la velocità diminuisce in maniera proporzionale. Prendendo un amatore che corre la maratona in 3 ore, la riduzione di velocità della mezza è di circa del 5 percento al raddoppio della distanza (maratona). Come al solito un grafico racconta più di mille parole.

Relazione Maratona / Mezza. Ma sulla maratona, gara in cui l’aspetto energetico è molto rilevante, la situazione è più complessa. Pur mangiando poche mele ogni mese, non ho elementi statistici per stabilire se la relazione tra risultato della maratona e quello di una mezza sia correlato.

Fattore Aerobico di MaratonaCon il tempo sono arrivato a concludere che la corrispondenza non sia così precisa. Analiticamente il Fattore Aerobico di Maratona, amichevolmente detto FAM, che misura il rapporto tra il tempo della Maratona e quello della Mezza, ha una variabilità superiore a quella di distanze più basse.

Over 30 kmUn professionista riesce ad avere una potenza lipidica elevata che gli consente di correre la maratona ad un passo del 5 percento più basso di quello della mezza, un amatore tra il 10 e il 12 percento, ed un podista tra il 15 ed il 20. Ma analizzando un campione “significativo” ed eterogeneo di iscritti ad una delle società podistiche italiane, si evince che la FAM media sia molto più elevata, indicando una riduzione di velocità media superiore al 20 percento. Detto in termini semplici, molti podisti arrivano alla distanza regina abbastanza impreparati. Questo per dire che il risultato della maratona non necessariamente aiuta a stabilire come correre sulla mezza.

La tecnologia Garmin aiuta a pianificare il ritmo. Ma non dimentichiamoci della tecnologia. In effetti con spirito critico, potremmo farci aiutare dalle ultime innovazioni presenti sul mercato per stabilire il ritmo mezza. Da due anni a questa parte, Garmin ha introdotto una nuova funzionalità, il calcolo del VO2max, o meglio la sua stima VDOT, ai suoi orologi premium (Forerunner 620, , Fenix 3 e Forerunner 920xt) per aiutare i podisti a stabilire il ritmo gara ed a prevedere quale potrebbe essere la performance in gara. Recentemente Garmin ha esteso la stima anche su orologi di gamma Media (Forerunner 230) ed addirittura a quelli a rilevazione ottica (Forerunner 235). Tutti i calcoli sono basati sulla relazione tra consumo di ossigeno alla velocità massima ed il tempo a cui si può correre a tale velocità.

Algoritmo GarminIl calcolo utilizzato da Garmin, basato su un algoritmo proprietario della società FirstBeat, correla il ritmo di corsa alla percentuale della frequenza cardiaca massima e alla frequenza di riserva. Siccome non è sempre possibile correre alla velocità massima ad ogni seduta, gli ingegneri finlandesi hanno utilizzato la nota relazione tra ritmi gara e battito cardiaco. Il metodo è davvero geniale, ma va ricordato che la sua accuratezza è soltanto del 95%. In termini statistici l’errore percentuale medio assoluto (MAPE) è di circa il 5%. Ciò significa che per la maggior parte di podisti, è improbabile trovare una differenza tra il valore di VO2max “reale” e quello “valutato” sia superiore a 3.5 punti di VDOT (è misurata sempre in ml/kg/min). Firstbeat dice che il loro algoritmo è sub-ottimale, ma in realtà funziona davvero bene. E’ vero che 3.5 punti di VO2max sono un’enormità (8-10 secondi a km!), ma le promesse di marketing in questo caso sono davvero solide, e l’errore (soprattutto su distanze inferiori) non è in pratica così rilevante per il podista “normale” ed “evoluto”.

Attenti ai dettagli. L’algoritmo è potente, riesce a gestire ed eliminare situazioni “anormali” durante la corsa, come lo stop al semaforo oppure l’ingresso in galleria, escludendo quindi dati non significativi. Nel documento tecnico Firstbeat si afferma che entro due minuti dalla rilevazione iniziale, il sistema è in grado di valutare il VDOT del 75 percento di podisti. Anche se l’algoritmo non differisce molto da analisi di laboratorio, occorre sempre ricordarsi il detto dello scrittore francese Flaubert che il «diavolo è nel dettaglio».

Errore algoritmo VO2maxBisogna andarci con i piedi di piombo: impostando parametri erronei (esempio: battito massimo più alto o più basso di quello «reale»), la valutazione finale non sarà necessariamente corretta. In termini pratici, se la frequenza cardiaca massima indicata nell’orologio è di 15 battiti superiore a quella “vera”, allora la valutazione sarà sicuramente sbagliata del 7%. Se invece la frequenza massima è di 15 battiti inferiore al dato corretto, allora l’errore aumenta al 9%. Inoltre, la previsione sarà più accurata quanto più breve sarà la distanza da valutare: non vi consigliamo di usarla per valutare il ritmo maratona, soprattutto se la vostra FAM è superiore a 2,15. Infine, pensate a cosa succede se la fascia non stia valutando correttamente il battito (si veda “fascia cardio: problemi e soluzioni”) oppure se il GPS non fornisce una velocità corretta, per qualche strana ragione. In conclusione, non fatevi influenzare soltanto dal marketing, usare la tecnologia consapevolmente è la prima regola del podista evoluto.

Le altre aziende tecnologiche sono un po’ indietro. E se non avete un Garmin? Dopo l’introduzione delle funzionalità VO2max della Garmin, le altre aziende concorrenti non sono rimaste a guardare, ma sono relativamente lontane in termini di sviluppi. Finora soltanto Polar, famosa per le sue competenze cardiache (io utilizzo in allenamento il ricevitore Garmin con ) ha attivato una funzionalità simile sui suoi orologi di punta ( e ), mentre si è focalizzata inizialmente sulle rilevazioni ottiche, trascurando inizialmente algoritmi di valutazione delle performance. Ma con il passaggio dal rilevatore ottico Mio () a LifeQ (), aspettiamoci nel 2016 un nuovo strumento che includa anche la valutazione del VO2max.

E la tabella? Molti secoli fa i cinesi dicevano che “se le montagne verdi saranno conservate nel futuro, non mancherà mai la possibilità di trovare legna da ardere”, basterà attendere 48 ore e vi aiuteremo a pianificare il vostro PB sulla Mezza Maratona.

Alla luce delle considerazioni di “Massi”, la stima dei valori di VO2max e soglia anaerobica è davvero così fondamentale in fase di valutazione della forma? Proprio il termine “stima” ne ridimensiona il peso, rendendo questi dati un qualcosa “in più” da tenere in considerazione, ma senza mai perdere la visione completa del percorso di preparazione che ci porterà a gareggiare!

Alcuni esempi per capire come il dato vada sempre “interpretato”? Il discorso è tutto sommato molto semplice: alcuni fattori non possono per forza di cose entrare nella formula, quindi il risultato finale sarà sempre un’approssimazione, più o meno precisa. Clima, percorso, correre da soli o in compagnia (parlare richiede uno sforzo in più, quindi la frequenza cardiaca sarà sicuramente più alta, a parità di percorso e ritmo!), e come non considerare gli allenamenti precedenti, le ore e la qualità del sonno, il lavoro, le normali variazioni di peso (nella formula del VO2max infatti c’è anche il peso, vedi qui) ecc.

Senza dimenticare che l’organismo umano è un qualcosa in continuo cambiamento: oggi non siamo uguali a ieri e domani saremo ulteriormente diversi. Non stupitevi quindi se in una settimana passate da una stima del VO2max di 59 a una di 64… o viceversa!

ABC dell’HRV

HRV

HRVL’articolo di dieci giorni fa sull’HRV (qui) ha letteralmente fatto il botto! Tantissime visite e numerosi commenti, tanto da posizionarlo in breve tra i primi risultati in Google. Del resto, quando vi ricapita che a un commento (in realtà a più d’uno…), risponda in maniera più che esauriente il creatore (e scienziato!) di una delle App citate nell’articolo stesso?
Ma sappiamo bene che ci troviamo nell’epoca del “tutto e subito”: a una prima occhiata, l’articolo poteva sembrare troppo lungo e/o troppo complicato, ragion per cui abbiamo pensato di semplificarlo e riassumerlo. La tastiera passa quindi a “Massi” Milani…

“La semplicità è la suprema sofisticazione”, diceva Leonardo da Vinci oltre cinquecento anni fa. Nel corso degli ultimi giorni, abbiamo personalmente ricevuto email, messaggi e parecchi commenti sull’articolo della settimana scorsa, che è stato sicuramente uno dei più letti degli ultimi dodici mesi sui vari blog di Podismo. Molti si sono lamentati che abbiamo trascurato altre opzioni, ma nemmeno la versione inglese di Wikipedia le illustra tutte. Altri hanno sottolineato che l’argomento richiederebbe diversi approfondimenti (cosa che faremo nelle prossime settimane). Alcuni si sono arrabbiati con gli ideatori dei software perché 2 giorni dopo averli scaricati, i consigli ottenuti non sono molto utili: noi podisti non siamo in grado di sillabare la parola “pazienza”. Infine c’è stato chi ha evidenziato che lo sviluppo tecnologico porterà ulteriori sviluppi nel futuro, anche alla luce del fatto che i “big data” stanno cambiando il modo di comportarci, in tutti gli ambiti dello scibile.

Ma il commento più rilevante è che l’articolo era troppo complicato. Sebbene inizialmente volessimo analizzare solamente la superficie del problema, ci siamo resi immediatamente conto che per descriverlo senza banalità, dovevamo quantomeno approfondire il discorso. In effetti, un sito come TheRunningPitt.com ha la missione di portare in Italia le nuove modalità di allenamento ed al tempo stesso di divulgare la passione per la corsa e il desiderio di fare sempre meglio. Siamo stati i primi a recensire il libro Tread Lightly, oppure The Science of Running di Steve Magness (ne parliamo in sintesi qui). Ma riteniamo che sia importante che la conoscenza descritta su queste pagine sia fruibile ed utilizzabile da tutti coloro che vogliono migliorarsi. Alcuni commenti ricevuti dimostravano in effetti che l’articolo era stato sicuramente letto e probabilmente capito ma che l’argomento HRV richiede tempo per essere metabolizzato. Alla luce di queste considerazioni, pensando anche a Da Vinci, abbiamo preparato 5 semplici schede, che secondo noi rappresentano l’ABC dell’HRV (ma anche D e E…).

A - Che cos'èA. Cos’è l’HRV? L’HRV misura la variazione del battito cardiaco a riposo. Quantificare accuratamente l’intervallo di tempo tra i battiti cardiaci, la variazione rilevata può essere utilizzata per determinare lo stress psicologico e fisiologico e l’affaticamento del fisico a fronte degli allenamenti dei giorni precedenti. In generale più il nostro corpo è rilassato e riposato, più sarà variabile il tempo tra i battiti cardiaci.

B. A cosa serve l’HRV? I dati dell’HRV aiutano a determinare l’impatto dell’affaticamento legato a sessioni intense di allenamento e a fattori di stress esterni, che la vita di tutti i giorni ci impone. Conoscendo il proprio livello di “stanchezza”, si può determinare se affrontare la prossima sessione di allenamento intensamente oppure no. Senza la tecnologia è difficile valutare con precisione l’effetto degli allenamenti, ma ora esistono strumenti che aiutano il podista a scegliere come allenarsi.

C. Come si rileva? Basta un iPhone oppure uno smartphone Android e una fascia cardio , oltre a scaricare una delle diverse App disponibili in Internet, sull’Apple Store o su Google Play. HRV4Training per l’iPhone, ithlete e Elite HRV per Android sono le nostre App preferite, ma altre scelte sono disponibili. Non tutte le fasce cardio funzionano, sicuramente quelle Ant+ (=Garmin) non sono compatibili con l’iPhone o con la maggior parte degli smartphone Android (lo sono con alcuni modelli Samsung di fascia alta). Per non sbagliare, suggeriamo di utilizzare la , ma altre opzioni “low cost” sono disponibili: per esempio, , , e la fascia Bluetooth Geonaute del Decathlon.

D - Quando si rileva?D. Quando si rileva? Basta un minuto (o poco più) di test ogni mattina, dopo aver indossato una fascia cardio oppure appoggiato il proprio dito sulla telecamera dell’iPhone. È necessario effettuare il test la mattina appena svegli per minimizzare l’influenza di possibili stress esterni, e procedere con una respirazione profonda. Non effettuare il test in momenti diversi della giornata, se si dimentica di farlo la mattina, va bene saltare al giorno successivo. Non serve fare il test immediatamente dopo una gara. C’è un metodo più accurato di un altro? Test statistici molto complessi sono già stati effettuati, ne parleremo nei prossimi giorni.

E. Come usarla? Dopo un paio di settimane di test (meglio iniziare in un periodo di recupero post-gara), le variazioni giornaliere del proprio benessere fisico sull’HRV, inizieranno a notarsi. Le App daranno quindi indicazioni su come comportarsi in allenamento. Considerando che almeno 3 volte a settimana i vari sistemi di valutazione daranno un esito “positivo” (“train intense”), non esiteremmo a rinunciare all’allenamento intenso, se il vostro HRV sarà basso.

Come procedere da qui? Le possibilità sono infinite, se non l’avete ancora fatto vi suggeriamo di leggere la variabilità della frequenza cardiaca dalla A alla Z, ma anche di analizzare il manuale di Elite HRV (81 pagine in Inglese) e il blog di HRV4Training. Troverete sicuramente spunti interessanti che vi porteranno a migliorare la consapevolezza dei vostri limiti.




La seconda vita del Foot Pod

Precisione e Accuratezza

Con questo articolo, “Massi” mi ha colpito decisamente nel vivo! Infatti, tra le varie esclamazioni che MENO tollero a fine gara, al top c’è quella di chi, osservando lo schermo del GPS, si lamenta della lunghezza del percorso, ovviamente “… più lungo…” di quanto dichiarato. Mi permetto di citare quanto scritto a riguardo nel mio articolo (ultimo paragrafo) di qualche mese fa su ENDU.it:

“… Ci saranno sicuramente gare misurate “male” (poche, quelle importanti sono tutte certificate), ma fare affidamento esclusivamente al GPS è un errore madornale, dovuto principalmente al fatto che si ignora completamente il funzionamento del sistema GPS. Già uno scarto del 1% è un buon risultato (sono oltre 420 metri su una maratona…), tenendo sempre presente che curve strette, palazzi, gallerie e sottopassi sono fattori che diminuiscono la precisione…”.

Concetto ribadito sullo stesso sito in un articolo successivo (qui), con l’aggiunta di qualche consiglio relativo al corretto utilizzo dell’amato/odiato strumento:

“… La soluzione più semplice sarebbe quella di allenarsi in pista o su percorsi misurati con rotella metrica, prendendo semplicemente i parziali col cronometro, ma non sempre è possibile. In tal caso, la soluzione migliore è quella di NON fare riferimento al passo istantaneo, affidandosi piuttosto al passo medio dei vari “lap” presi in maniera automatica o manuale. Più è ampia la distanza del lap, più il margine d’errore sarà inferiore.
Allenamenti di qualità
Sbagliatissimo effettuare le sedute di qualità controllando frequentemente il passo: gli allenamenti intensi vanno corsi al massimo delle possibilità di quel preciso momento, avendo in mente la quantità totale dell’allenamento e la durata degli eventuali recuperi (se devo fare 4 x 2 km, i primi 2 km li correrò sì “forte”, però sempre pensando che ne dovrò fare altri tre!).
Gara
E in gara? La soluzione ideale è utilizzare il GPS come un normale cronometro, prendendo i lap manualmente in corrispondenza dei cartelli chilometrici. Per esempio, ogni 2 km per una 10 km, ogni 3 km per una mezza, ogni 5 km per una maratona. Con un paio di calcoli sarà semplice capire se il ritmo è quello giusto! Nella malaugurata ipotesi che alcuni cartelli siano stati piazzati male… poco importa, le cose comunque si sistemeranno con i lap successivi…”.

Se però volete saperne di più e soprattutto scoprire come “migliorare” (non voglio anticipare nulla) il vostro GPS, ecco l’articolo di “Massi” Milani, come sempre da non perdere (grafici!)…

Come diceva un famoso proverbio cinese, “l’acqua dell’oceano non può essere misurata con una tazza da tè”. Non è difficile immaginare che all’apertura della scatola di un nuovo GPS il nostro primo istinto sia stato quello di confrontare il proprio passo rispetto a quello dell’orologio precedente. L’abbiamo fatto tutti noi, Gianmarco ha pure utilizzato la rotella metrica, mentre io ho valutato statisticamente il percorso del Garmin Forerunner Tour 2015 al parco di Monza. Scelte diverse che dimostrano le nostre attitudini e preferenze su come affrontare problemi complessi.

Foot Pod GarminUna discussione inutile. Per tornare al proverbio, i nostri amici cinesi avevano ragione: il dibattito sulla precisione del GPS è oramai decisamente superato, “Il dilemma del podista nel 2016” è altrove. In effetti la tecnologia negli anni ha portato miglioramenti incredibili: le principali aziende di orologi, Garmin, Tom Tom, Polar, Suunto e Timex hanno prodotto strumenti sempre più avanzati consentendo di misurare “abbastanza” precisamente la distanza, di stabilire “abbastanza” correttamente la velocità istantanea e di aggiornarla quasi all’istante. Ma quanto precisamente? E il calcolo è anche accurato, o soltanto preciso? Cosa suggeriamo per avere un dato più preciso?

Questione di variabilità. Essendo un econometrico (non) pentito, la variabilità mi ha sempre affascinato, ne parlo superficialmente da Gianmarco in parecchi articoli. Sulla precisione, siamo lontani anni luce da quello che dovrebbe essere lo standard ideale, l’acquisizione completata da Apple di Coherent Navigation porterà sicuramente sviluppi interessanti grazie al nuovo sistema iGps basato su satelliti Iridium a bassa quota (780 km dalla terra). Limitando i ritardi tipici di quelli geostazionari, avrà una precisione di centimetri e in quel momento metteremo davvero la parola fine al discorso. Anche se non ci sono novità sul lancio dell’iGps dal Maggio 2015, restano comunque vive le speranze e la versione 3 dell’Iwatch nel 2017 potrebbe essere una “killer application”.

Qual è il problema di misurazione? Una delle cose che tutti i podisti sanno è che la precisione dei navigatori satellitari è solamente di qualche metro. Sull’auto la limitazione non pone nessun problema, ma nella corsa l’imprecisione ha creato dibattiti filosofici “importanti” ed interminabili. Per capire l’essenza della questione bisogna ricordare che un sistema in movimento genera “rumore”. Per correggere questo rumore e l’errore ad esso collegato, gli orologi e i navigatori satellitari applicano dei modelli matematici chiamati “filtri” con i quali cercano di ridurlo. Il principale modello è stato inventato mezzo secolo fa da un matematico di origine ungherese ma trapiantato negli States, l’ingegner Kalman, e la sua invenzione è stata pure utilizzata nel programma Spaziale Apollo. Senza il filtro, il dato grezzo sarebbe molto più variabile ed il podista vedrebbe variare il passo istantaneo in maniera schizofrenica. Data la loro complessità matematica, di filtri ne esistono tantissimi e ogni azienda ne ha implementate diverse versioni. Questa premessa per spiegare come mai due marche di orologi con lo stesso chipset GPS potrebbero avere valutazioni di passo differente (“filtri differenti”), così come orologi di stessa marca e modello non necessariamente mostreranno lo stesso risultato (“il rumore non è prevedibile a priori”): già solamente mettere due orologi su braccia diverse potrebbe influenzare il risultato finale. Quello che è certo però è che la potenza di calcolo degli orologi oltre al miglioramento degli algoritmi di correzione degli errori ha permesso di rendere la valutazione del passo istantaneo molto più stabile rispetto a 5 anni fa. Come al solito un’immagine vale più di mille parole, vale però la pena sottolineare che il filtro da me applicato ai grafici è “a posteriori”.

Generazione 1

Generazione 1

Generazione 2

Generazione 2

Generazione 3

Generazione 3

 

 

 

 

 

I GPS sono accurati? Capito che il problema della precisione ottimale non potrà essere risolto se non si cambierà il sistema di rilevazione, la notizia che vi sconvolgerà la vita è che anche per l’accuratezza dovremmo aspettare nuove tecnologie. Dal punto di vista statistico la valutazione dell’accuratezza si può sempre fare a posteriori con la rotella metrica, oppure utilizzando un modello statistico chiamato «bootstrap», anche se in tal caso servirebbero tante misurazioni sullo stesso percorso.

Precisione e AccuratezzaÈ una sfida intellettuale relativamente inutile, soprattutto perché il “rumore”, vero fattore che influenza sia l’accuratezza sia la precisione, dipende dalla scelta del percorso del podista, non valutabile a priori, almeno in allenamento. Mentre per la gara il percorso è solitamente misurato “perfettamente”, quindi il consiglio è controllare il ritmo gara basandosi sui cartelli posti ad ogni chilometro. Infine, è stato mostrato che in condizioni ottimali, i più recenti GPS sono affidabili. Ma le condizioni del percorso non sono sempre valutabili a priori, soprattutto per chi corre in città o in luoghi “sconosciuti”. Infine, la tecnologia attuale è molto matura, la scorsa settimana Garmin ha annunciato di aver raggiunto per la prima volta 1 miliardo di fatturato annuale nella divisione Fitness, quella del Vivo, Forerunner e Edge (+16% di crescita annuale) e Outdoor, la divisione del Fenix, la quale ha visto una diminuzione dei ricavi annuali dell’un percento.

Foot PodIl footpod può aiutare? Con l’introduzione della serie 220620, Garmin ha mostrato grande sensibilità al problema, arrotondando il passo istantaneo ai 5 secondi, dopo anni in cui invece tale campo era calcolato precisamente ma erroneamente. Inoltre, senza grandi annunci trionfali di Marketing, la stessa Garmin ha aggiunto nel log di alcune versioni beta del firmware dei suoi orologi Premium recenti (, fenix 3 e Forerunner 920xt), un’interessante funzionalità. E’ stata introdotta la possibilità di utilizzare come sorgente dati per la velocità istantanea il “pedometro”, romanticamente chiamato “footpod”, permettendo una migliore stabilità del passo. Se calibrato correttamente, quest’oggetto “antico” ha una minore variabilità, ed anche una buona accuratezza. Inizialmente pensato per misurare la cadenza di corsa, e per essere utilizzato sul «tapis roulant», negli ultimi 12 mesi ha trovato una nuova linfa. Infatti gli orologi recenti dotati di accelerometro destinato a soppiantare questo strumento hanno mostrato delle lacune, in primis la mancanza di calibrazione e l’influenza del suo posizionamento (sul braccio e non sulla scarpa) sulla misurazione finale. Non consigliamo di utilizzare il footpod come fonte di distanza, ma sicuramente di configurarlo per la velocità. Questo trucchetto ridurrà le ansie di chi cerca di controllare al meglio la propria prestazione in gara.

Scelta del footpod. Nonostante esistano due tecnologie per collegare gli accessori agli orologi, Bluetooth e Ant+, un’azienda controllata dalla Garmin, Dynastream è il principale produttore mondiale di footpod. Per scegliere quale comprare, il fattore prezzo è quindi rilevante: tra un modello o (attualmente la miglior offerta) scegliere quello che costa di meno, essendo perfettamente identici e assolutamente compatibili. In realtà anche qui l’evoluzione tecnologica ha portato recentemente a innovazioni, per misurare le dinamiche di corsa: strumenti come RunScribe, 4iiii oppure Stryd potranno rivoluzionare il modo di correre, ammesso di capire come interpretare i dati. Ma per ora non ho ancora avuto modo di testare queste tecnologie. No test, no party!

E il dilemma del podista nel 2016? All’attento lettore sorgerà sicuramente una domanda: se l’accuratezza del GPS non è più un problema, qual è il vero dilemma del podista nel 2016? Lo scoprirete in una prossima puntata, l’ispirazione in questo momento non manca. Serve soltanto un po’ di tempo per illustrarlo con analisi rigorose e convincenti.

Heart Rate Variability (HRV), dalla A alla Z

MindMap HRV

HRV non è solo una sigla di un modello d’automobile. Avevamo descritto qualche giorno fa le principali metodologie per valutare il recupero. Avevamo promesso una recensione dettagliata dell’Heart Rate Variability in italiano, un concetto che si traduce come “variabilità cardiaca”. Lascio direttamente la tastiera a “Massi” Milani, per aggiungere solo una considerazione nel finale.

Heart Rate Variability, la recensione in italiano

Riposa che correrai più velocemente. Il modello della supercompensazione che si può leggere in molti libri della bibliografia di Pitt non l’ho proprio capito. Non è sicuramente semplice e forse nemmeno intuitivo. In parole povere ci insegna che per correre più velocemente bisogna sottoporre il proprio corpo ad una serie di stress ripetuti e variati, che gli consentono di rispondere alle sollecitazioni e nel lungo termine portano a miglioramenti graduali. Ma “stressare” troppo il proprio corpo con allenamenti intensi e di qualità potrebbe spingerlo al risultato opposto. Si rischia il “sovrallenamento”, condizione spiacevole con conseguenze negative sulla prestazione nel medio termine. Quindi a volte converrebbe riposare. Ma quando correre “intensamente” e quando “lentamente”? Quando riposare? Pur suggerendo diversi modi di comportamento, il modello non lo dice chiaramente.

HRVNon sto scrivendo che la teoria della supercompensazione non sia utile, ma forse un modello di comportamento aiuta più della teoria a decidere come agire prima che il problema del sovrallenamento si verifichi. Fino al 2013 ho seguito i dettami di Jack Daniels che suggerisce di alternare giornate di allenamento intense con altre di riposo. Ma il modello easy/hard mal si adatta con la mia vita di “frequent flyer ed amante della degustazione di vini“. Una vita stressante, giornate di sonno limitato possano influenzare il tempo di recupero, e quindi suggerirebbero di ritardare la prossima seduta intensa. Sarebbe stato bello avere uno strumento che ci aiutasse a stabilire quando allenarsi intensamente. Ed in effetti uno strumento “infallibile” esiste. Si chiama HRV. Come già anticipato una decina di giorni fa, da qualche anno la tecnologia ha dato una mano a noi podisti a misurare alla mattina la variabilità del nostro cuore a riposo. Basta soltanto utilizzare una , un iPhone oppure un telefono Android, e avere costanza e pazienza.

Heart Rate Variability in italiano, una sintesi

RR2Questo articolo introduttivo ha l’obiettivo di aiutare il podista medio a districarsi tra le diverse scelte di mercato, a suggerire alcune opzioni d’utilizzo e a rispondere alle più comuni domande per interpretare i risultati. L’HRV è uno strumento estremamente affidabile e potente, ma analizzare dati richiede parecchia cautela, sebbene applicazioni come “HRV4Training” (l’unica che misura con la telecamera dell’iPhone) o “ithlete” (certificata clinicamente) diano chiare indicazioni su come comportarsi durante l’allenamento. Prima di vedere i dettagli, è importante notare che per avere una visione d’insieme delle risposte del proprio corpo agli stress dell’allenamento o della vita servono comunque 4 mesi d’osservazione dati (e sicuramente almeno 30 giorni), e per questa ragione continueremo a parlare dell’argomento prossimamente sul blog. In quest’introduzione, ci limitiamo a rispondere a 7 domande per stuzzicare la curiosità del lettore.

rMSSDCos’è l’HRV e perché è importante? Come raccontato dall’articolo iniziale di Gianmarco sull’intensità degli allenamenti, “… è la variazione della durata dei battiti nell’unità di tempo. Per esempio, se avete una media di 60 bpm, non sempre tra un battito e l’altro passa un secondo esatto. Qualche volta 0,80”, qualche volte 1’20” e così via, con variazioni anche maggiori. Relazionandola all’attività fisica in atleti allenati, si è visto che in condizioni di riposo la variabilità cardiaca è molto ampia, mentre risulta ridotta quando si è affaticati o stressati. Oltre agli allenamenti dei giorni precedenti, entrano appunto in gioco anche eventuali stress mentali, tanto da rendere l’HRV uno dei metodi più completi per valutare le condizioni fisiche del momento…”. Ma come al solito, un grafico vale più di mille parole, abbiamo ricostruito i battiti su un intervallo di 2 minuti, dove si vede che pur avendo un battito a riposo “relativamente basso”, la mia variabilità quel particolare giorno è stata parecchio elevata. Come analizzare la variabilità? Non essendo un concetto univoco (variazione statistica), esistono vari modi di misurare la differenza tra un battito e l’altro. In termini pratici però la principale misura si chiama rMSSD, che si basa sulla somma dei quadrati delle differenze tra ogni singolo battito ed il successivo. Più alte le differenze, maggiore sarà l’HRV. Ma non suggerisco di calcolarlo a mente, soprattutto alle 6 del mattino.

Rmssd e metriche di HRV

Quale misura utilizzare? Difficile immaginare che molti di noi siano esperti sull’argomento, e pensare che abbiano la capacità di scegliere tra le diverse misure a disposizione. Ma per fortuna i principali strumenti di misurazione offrono dei punteggi normalizzati tra 1 e 10 (“HRVtraining”) o tra 1 e 100 (“Garmin Stress Score”, “ithlete” o “Elite HRV”). Non serve quindi né capire i dati, né il relativo calcolo matematico. Le app lo fanno già per noi!

MindMap HRVCome si calcola l’HRV? Per determinare quale app scegliere, abbiamo sviluppato una MindMap che illustra le molteplici scelte sulla base degli strumenti a disposizione e della qualità dei dati ottenuti. La mia preferita è senza dubbio HRV4Training, che consente di misurare l’HRV con un iPhone e la relativa telecamera. Le ragioni della scelta sono la semplicità d’utilizzo e i suggerimenti chiari post-misurazione senza dimenticare l’estrema varietà di statistiche a disposizione e la sua origine “made in Italy”. Ma altre opzioni sono altrettanto valide e in effetti per ora sto usando anche Elite HRV e ithlete, per testare ulteriori funzionalità. Per chi non possiede né un iPhone, né una e non ha intenzione di comprarli, l’alternativa semplice è quella di usare un orologio Garmin (, fenix 3 oppure Forerunner 920xt) e le due App “Stress Score” o “simple HRV”, quest’ultima sviluppata tramite IQ. Pur non avendo funzionalità avanzate e non potendo salvare i dati, rispondono alla domanda fondamentale: “Quanto intensamente devo allenarmi oggi?”. Probabilmente Garmin continuerà lo sviluppo dello Stress Score, ma per ora non è all’altezza di un podista esigente. Indipendentemente della scelta dello strumento utilizzato, il consiglio è di utilizzare una fascia certificata (quelle Tom Tom e Adidas sebbene Bluetooth sembrano non funzionare), evitando da polso, che forniscono solo dati medi e quindi non rilevanti per il nostro scopo. Apro una parentesi che svilupperò più avanti: la tecnologia ottica è in grado di calcolare l’HRV, sebbene solamente a riposo, ma il problema è che c’è cosi tanto “rumore sul polso” che il segnale viene mediato, riducendone la variabilità e quindi l’attendibilità dei risultati. Vi siete mai chiesti come mai il Garmin non fornisce la “Performance Condition” dopo 10 minuti dall’inizio dell’allenamento?

A cosa serve l’HRV? Per capire l’importanza dell’HRV, è importante sapere che nel nostro corpo, il sistema nervoso autonomo ne regola molte funzioni soprattutto inconsciamente, come la respirazione e il battito cardiaco, e si compone di due rami, il simpatico e parasimpatico. Il ramo simpatico è responsabile della risposta di lotta o fuga, mentre il ramo parasimpatico favorisce il riposo e il recupero. Il sistema nervoso autonomo ha l’obiettivo di mantenere uno stato di equilibrio del nostro corpo, aiutando a reagire a fattori di stress. Studiando l’attività parasimpatica, siamo in grado di stabilire se abbiamo recuperato dallo stress dei giorni precedenti e di decidere se affrontare allenamenti intensi. Possiamo usare l’HRV come modalità di misurazione dello stress del nostro corpo!

Come misurare la Heart Rate Variability

Come effettuare la misurazione? Uno degli aspetti veramente interessante delle App citate è che permettono di collegare le misurazioni a eventi esterni (allenamenti intensi, viaggi, durata del sonno ecc.) e offrono una valutazione del loro possibile impatto sulla variabilità cardiaca. Ma gli errori di misurazione sono sempre in agguato, ed è importante seguire alcune regole di base. Tutti gli strumenti di analisi dell’HRV funzionano con la stessa logica: nei primi giorni cercano di misurare un riferimento, chiamato “baseline”, sulla base del quale si determinano variazioni rispetto a valori normali e individuali. Proprio la caratteristica delle regole di valutazione, il confronto con un dato “medio”, richiede che le misurazioni siano effettuate in maniera omogenea, la stessa modalità deve essere ripetuta costantemente ogni giorno:

  1. Modo di misurazione: misurare il battito da seduti, in piedi o sdraiati è irrilevante, ovviamente meglio nel letto, ma l’aspetto più importante è la costanza: ripetere lo stesso gesto tutte le mattine appena alzati. Eccezione: per gli atleti elite, dove una misurazione da seduti è preferibile.
  2. Durata della misurazione: anche se lo standard clinico è 5 minuti, è dimostrato che il risultato del calcolo è indipendente dalla durata della misurazione, quindi 1 minuto di attesa è sufficiente ai nostri fini. Senza dimenticare che l’ottimizzazione del tempo a disposizione è uno dei principali obiettivi.
  3. Tempo di misurazione: essere costanti, è fondamentale. Misurare i battiti appena svegli, meglio se ancora a letto è la scelta ottimale. Per evitare ulteriori stress di prima mattina, meglio misurare i battiti prima di consultare l’e-mail del vostro capo americano che chiede un’analisi dell’evoluzione del mercato Russo entro sera….
  4. Frequenza di respirazione: immaginate di trovarvi alla visita medico sportiva di idoneità: inspirare, espirare! Non è fondamentale la durata della respirazione, quanto il rispetto di una frequenza costante. Suggeriamo 6 secondi, le app hanno suoni e voci per consentire di farlo in maniera costante.
  5. Strumento di misurazione: se fino a qualche anno fa la fascia era lo strumento più idoneo alla misurazione e con cui non si sbaglia mai, i progressi tecnologici hanno portato ad un’ulteriore evoluzione. In particolare “HRV4Training” usa la telecamera dell’iPhone per stabilire il battito attraverso il dito (metodo chiamato PPG, che valuta il flusso del sangue sul dito). Il PPG è davvero molto affidabile e studi statistici hanno mostrato che è assolutamente equivalente alla misurazione via fascia. Siccome sono in fase di test, per ora utilizzo ancora la fascia Polar, ma non escludo di passare definitivamente solamente alla telecamera (ma vorrei testarlo, anche se mi fido di uno studio scientifico PPG). Come suggerimento per l’utilizzo della fascia, non va dimenticato quanto scritto qui sull’utilizzo del gel. Se non usate l’iPhone, la è assolutamente la scelta migliore. In alternativa, cercare solo quelle con Bluetooth 4.0.

Le statistiche come strumento di valutazione dell’HRV

Perché le statistiche storiche sono importanti? Analizzando i dati giorno per giorno, siamo in grado di capire come il nostro corpo evolve sulla base dello stress, studiando i dati storici potremmo quindi valutare e gestire al meglio il proprio modo di allenarsi. Nel breve termine, per il sottoscritto che ha corso per 6 anni il “lungo” la domenica, “HRV4Training” “mi ha insegnato” a stabilire se anticiparlo al sabato: essere in buona condizione fisica sabato mattina non è infatti una condizione sufficiente per esserlo anche la domenica (magari a causa di una serata più lunga del solito il sabato sera). Nel medio termine, analizzando i dati su 3-4 mesi, si può capire come l’HRV stia variando in funzione del metodo di allenamento utilizzato. Per fortuna le app odierne dispongono di strumenti avanzati che effettuano analisi impensabili pochi anni fa. Ne parleremo qui tra poche settimane, anche se abbiamo idee chiare sugli effetti dell’allenamento, servono almeno 120 giorni per avere statistiche affidabili.

Modello di comportamento HRVCome procedere dopo aver letto l’articolo? Scaricate una delle App citate nella MindMap, utilizzatela per 30 giorni e una volta capito come il vostro corpo reagisce agli stimoli esterni (nelle prossime settimane racconterò come reagisce il mio, grazie alle statistiche di “HRV4Training”), adattate il vostro allenamento. Ma la domanda più frequente che ho ricevuto nei giorni scorsi è come allenarsi sulla base di quanto suggerito dalle App: con una piccola tabella ho cercato di stabilire il mio modello di comportamento. Di certo allenandosi con l’HRV con minore sforzo, otterrete un risultato uguale. Anche se il mio obiettivo è quello di ottenere un miglior risultato, con lo stesso sforzo, cosa che vedremo se avverrà tra 2 mesi alla maratona di Anversa.

Conclusioni

Che altro aggiungere? Come sempre, l’importante è fare le cose con consapevolezza! Tutti questi strumenti a nostra disposizione devono essere un vantaggio, per avere un qualcosa “in più” a nostro favore (e un qualcosa “in meno” al quale dover pensare), non una cosa “in più” della quale preoccuparsi! Un po’ come con il GPS da polso: siamo NOI a impostare il ritmo di corsa e a verificare grazie al GPS a quanto stiamo andando (sempre indicativamente, sappiamo tutti che il GPS fornisce solo una buona/ottima approssimazione… no???), non l’orologio a imporci un ritmo da seguire a tutti i costi!

Dopo aver letto quanto scritto egregiamente dal mio collega, spero non venga in mente a nessuno di partire per un allenamento intenso anche se le sensazioni sono pessime, solo perché l’App ci dà il via libera: per non incorrere in errori del genere, fate riferimento alla tabella qui in alto, che riassume in maniera semplice e completa (oserei dire “… For Dummies!“) la perfetta simbiosi tra buon senso, esperienza e tecnologia.

Tra qualche settimana un altro articolo, dove racconteremo entrambi la nostra esperienza con le diverse App (io sto usando “Elite HRV” e “ithlete” con uno smartphone Android e la ), con alcune conclusioni interessanti: non sempre le sensazioni percepite corrispondono con la risposta del nostro organismo e spesso un evento che per noi risulta “stressante”, a ben guardare non lo è affatto… ma ovviamente vale anche il contrario, e succede più frequentemente di quanto si creda!




Scarpe da running minimaliste: ci salveranno dagli infortuni?

Suggerimenti

C’era una volta la scarpa da corsa e la sua categoria d’appartenenza in base al peso: A1 o superleggera (sotto i 250 g), A2 o intermedia (tra i 250 e i 300 g), A3 o neutra/ammortizzata (sopra i 300 g), A4 o stabile (sopra i 300 g) dedicata a chi soffre di problemi di iperpronazione.
Poi arrivò il concetto di corsa “natural”, con la ricerca di calzature minimaliste (categoria A0, le più famose sono senz’altro le Vibram Fivefingers) per un ritorno al correre naturale, quasi a piedi nudi: più spazio per le dita dei piedi, in modo da favorirne l’apertura in fase di appoggio, meno ammortizzazione, drop (dislivello tacco-punta) contenuto (da 0 a 6/8 mm), tomaia leggera e peso ridotto.
Successivamente, grazie all’introduzione di materiali innovativi, ecco la rivoluzione (come sempre iniziata dai big del mercato, Nike, Adidas, Brooks, New Balance…), a stravolgere tutto: scarpe con ammortizzazione da A3 ma peso da A1 o scarpe con reattività da A1 ma peso da A2. Cancellate dalla mente le vecchie categorie, e rimpiazzatele con quelle legate al tipo di utilizzo: scarpe da gara/allenamento veloce (più o meno estreme), scarpe da allenamento (più o meno ammortizzate), scarpe stabili, scarpe minimaliste.
Come se non bastasse, ecco arrivare una nuova tipologia, ovvero le MiniMax (le più famose le Hoka Hoka): drop minimo, ammortizzamento massimo, praticamente una via di mezzo tra una A0 (forma, drop e peso) e una A3 (ammortizzazione).

Questa lunga introduzione semplicemente per dire che attualmente, in fatto di calzature, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Ma qual è quella migliore, non tanto per la performance in gara, quanto per la prevenzione degli infortuni? Ecco alcune considerazioni di “Massi” Milani, alla fine troverete le mie…

Le scarpe minimaliste e barefoot rendono la nostra corsa migliore? Una guida dettagliata

Tread lightly“He who treads softly goes far”. Un famoso proverbio ricordava ai potenziali investitori americani di procedere con calma prima di negoziare con eventuali venditori/compratori cinesi. Ma Tread lightly è anche un libro, uno dei migliori che abbia mai letto. Così bello che l’ho regalato a Gianmarco per i suoi consigli dopo il Personal Best alla maratona di Milano 2014.

Perché sono esaltato da un libro che è un inno alla corsa minimalista? Qualche anno fa cercavo un modo di aumentare i chilometri settimanali, mantenendo costante la qualità dell’allenamento, ma senza “rischi” d’infortunio. Sapevo benissimo (grazie a Daniels) l’impatto che uno stop dalla corsa ha sul nostro organismo e sulla Vo2max. Le mie letture suggerivano che una crescita dei chilometri aumentasse il rischio d’infortunio, e che questo rischio fosse correlato all’individuo: Albanesi parla di Distanza Critica settimanale oltre la quale la probabilità d’infortunio aumenta sensibilmente. Prima di avventurarmi in terreni ignoti, ho quindi preferito documentarmi. Inizialmente non avevo speranze: quanto trovato in italiano su Internet o in libreria era abbastanza conservativo o semplificato. Ma con grande sorpresa “Tread lightly” di Peter Larson, di corsa e il suo coautore Bill Katovsky, concedevano alcune speranze. Nei 9 capitoli del libro i due autori affermano che migliorando il modo di correre, anche attraverso una scelta coerente delle scarpe, si può minimizzare il rischio d’infortunio.

Born to Run e scarpe barefoot

Non è nuova la tesi, già elaborata dal professor di Harvard Lieberman e discussa anche nel libro Born to Run. L’essere umano è evoluto migliorando nel tempo il modo di correre: il suo tendine d’Achille assorbe e rilascia energia durante la corsa, tendine che è praticamente inesistente negli scimpanzé. L’assenza di peli, il meccanismo “perfetto” del sudore durante l’estate, la crescita dei glutei con l’evoluzione della specie sarebbero tutte indicazioni che mostrano caratteristiche di adattamento dell’uomo alla corsa. Ma se fossimo davvero cosi propensi a correre, perché ogni anno tantissimi podisti si infortunano? Secondo gli autori ci sono solamente due cause scatenanti d’infortunio: il nostro modo di correre non ottimale, e l’utilizzo di scarpe non adeguate che al posto di correggere il problema lo accentuerebbe. Uno dei capitoli più affascinanti del libro mostra come l’attuale sistema di assegnazione di un tipo di scarpa in base al grado di pronazione sia obsoleto. La tesi di Larson è che la maggior parte dei podisti dovrebbero adottare scarpe neutre e leggere per ridurre la probabilità d’infortunio, anche perché le scarpe antipronazione A4 non proteggerebbero da infortuni. Difficile giudicare tutte le informazioni presentate, ma il libro offre sicuramente spunti interessanti, alcuni dei quali sono riassunti nella scheda.

Scarpe minimaliste

Dinamiche di corsaLa mia esperienza con scarpe minimaliste è recente, da quest’estate mi alleno saltuariamente con Nike Free 5.0, la versione “meno minimalista” dei modelli Free delle scarpe dell’azienda dell’Oregon e probabilmente in un futuro ci correrò la maratona o un trail. Ed ho voluto testare che impatto avessero scarpe più leggere sul mio modo di correre. Ho ovviamente analizzato le dinamiche di corsa, che introdotte da Garmin a fine 2013, mi hanno portato a scoprire diverse sfaccettature su come gestire allenamenti, e suggerire cambiamenti al mio allenamento (ne parleremo prossimamente, in particolare della loro utilità). Ebbene, confrontando uscite in condizioni simili, ho potuto appurare che sia l’oscillazione verticale, che calcola il movimento verticale del busto, sia il tempo di contatto al suolo, sono migliorati (in media dello 0,4%) con le Free, rispetto a scarpe “tradizionali”. Ciò significa potenzialmente “ottenere lo stesso risultato con un minor sforzo”. Come nota a margine, esistono che indicano di prestare molta attenzione durante la fase di transizione a scarpe più leggere, il rischio d’infortunio, almeno nella prima fase, esiste e non deve essere trascurato. In particolare le scarpe minimaliste potrebbero, almeno nel breve periodo, procurarvi una tendinite: alternatele con le scarpe più ammortizzate

SuggerimentiNon ho la competenza tecnica e le conoscenze biomeccaniche per valutare un libro di questo tipo. Tuttavia è indubbio che “Tread lightly” permette di analizzare il rapporto tra scarpe, modo di correre e la loro influenza sugli infortuni e più in generale la biomeccanica delle possibili lesioni. Ammesso di conoscere discretamente l’inglese, adottare alcuni dei principali consigli, avrà un impatto positivo sulla vostra salute e probabilmente i vostri infortuni diventeranno più rari. “He who treads softly goes far”: chi correrà “minimale” andrà lontano. Forse…

Tipologie di scarpa e modo di correre

Quanto è importante quindi la tipologia di scarpa e il modo di correre nella prevenzione degli infortuni e nel miglioramento delle prestazioni? Difficile dirlo in maniera certa, anche perché alcune considerazioni vengono regolarmente smentite dall’osservazione empirica. Per esempio, i promotori del correre naturale sostengono che impattare di tallone è il male assoluto, sia per il rischio d’infortunio, sia per la performance. Se fosse vero, come la mettiamo con atleti da 27′ sui 10.000 che addirittura tallonano in pista CON LE CHIODATE?
L’individualità regna sovrana: a ognuno il proprio appoggio, a ognuno la giusta scarpa! Ciò non toglie che è possibile migliorare il proprio modo di correre (appoggio, reattività/utilizzo dei piedi, frequenza, postura, utilizzo delle braccia…), ma restando sempre all’interno di parametri personali, senza voler cambiare completamente perché qualcuno sostiene che “… così è meglio!”.

Se proprio vogliamo parlare di “prevenzione infortuni”, oltre agli ottimi consigli elencati nell’ultima immagine qua sopra, aggiungerei quello di non utilizzare scarpe troppo usurate e soprattutto quello legato al peso, più importante di quanto si creda: se vi dedicate alle lunghe distanze e/o fate tanti km, il peso corretto per tenersi il più alla larga possibile dagli infortuni (almeno sulla carta) è probabilmente parecchio più basso di quello che pensate!

Ragionandoci un po’ su, la conclusione potrebbe apparire quasi scontata: tipo di appoggio, frequenza di passo e velocità di contatto variano anche nello stesso individuo al variare della velocità, il “segreto” quindi è migliorare quest’ultima… ;-)

P. S. Ho recentemente aggiornato la bibliografia, buttate un occhio se non sapete cosa leggere…

Doppiare la maratona si può… 2.0!

Massi a Reggio 2015

Altro giro, altra corsa… e altra maratona! L’avevo già fatto io nel 2011 (Torino in 2h30′ qui e Pisa in 2h29′ qui, esattamente cinque settimane dopo), con in mezzo un paio di articoli dove ragionavo sul da farsi prima (qui), e dove decidevo di “doppiare” poi (qui). Esperienza poi replicata nel 2012, ma in modalità diversa: prima una maratona interpretata veramente come “lunghissimo qualificante” (2h42′ alla “Maratona delle Città del Vino”, qui il risultato, qui invece le “intenzioni” della vigilia), poi tre settimane dopo la “Lucca Marathon” (2h32′ sotto il diluvio, qui).

Massi a Reggio 2015Ecco quindi il resoconto di “Massi” Milani, un’ulteriore conferma al fatto che se si esce bene (sia di fisico che di testa!) da una maratona (PB di 2h37′ a Verona…) e soprattutto NON si esagera negli allenamenti delle successive due/tre settimane (più la gara è lunga e tirata, più il recupero deve essere lungo!), ecco che la maratona successiva può riservare sorprese positive, soprattutto se ci si trattiene nella prima metà…

“Non preoccuparti di procedere lentamente, ma stai attento a non stare fermo”. Come ho più volte evidenziato, i proverbi cinesi possono fornire un’ottima chiave di lettura a noi podisti amatori. Dopo le grosse soddisfazioni di Verona, precedute da mesi di sacrifici ed allenamenti costanti, la mia mente aveva sentito il bisogno di staccare. Ma restando la corsa una parte importante della mia “wellness“, dovevo anche capire come comportarmi nei giorni successivi alla maratona che mi ha dato maggiori soddisfazioni nel 2015. Vista la vicinanza al Natale, ho pensato di condividere il mio pensiero sull’argomento con i lettori di TheRunningPitt.

Cosa fare dopo una maratona? Come affrontare gli allenamenti? Quando riprendere a correre? Come riprendere? Quali rischi d’infortunio si possono “correre” se si esagera?

Scheda post-maratonaMi sarei posto domande del genere, se fossi un neofita e se non disponessi di una “discreta” biblioteca di podismo. La lettura di alcuni libri di fisiologia di corsa mi hanno aiutato ad impostare il recupero post-maratona dopo il Personal Best. La teoria è abbastanza chiara, se dovessi sintetizzarne i principi di base, il proverbio cinese sarebbe perfetto per ricordare che non vale la pena esagerare: stranamente anch’io ho seguito una tabella conservativa culminata con un lungo lento 4 settimane dalla maratona di Verona. L’impostazione del ragionamento era basato su un concetto di rischio/rendimento: non avevo nulla da guadagnare nel cercare di tornare in forma rapidamente correndo allenamenti di qualità, mentre il rischio d’infortunio o di ricaduta dal problema ai muscoli ischiocrurali era decisamente alto. Per queste ragioni, mi sono preso una pausa di 28 giorni dalla corsa, limitandomi invece ad uscite blande, come se non dovessi gareggiare per i prossimi 5 mesi. Ho schematizzato una tabella di sintesi che potesse al tempo stesso farmi sentire bene fisicamente ed inoltre garantirmi un rischio veramente minimo d’infortunio. Mi sono infine assicurato di non superare il 76% della “frequenza cardiaca di riserva”, consentendo quindi che il recupero fosse totale dopo poche settimane. Al tempo stesso, ho pianificato che l’incremento di chilometri settimanale fosse graduale ma di crescita costante.

Con queste tre accortezze, dopo 4 settimane da Verona ero sia mentalmente rigenerato sia muscolarmente fresco, sebbene non avessi corso sotto i 4 minuti a km. Ma all’inizio della pianificazione non ricordavo che il “lungo lento” coincidesse con la ventesima edizione della maratona di Reggio Emilia… E avendo letto sia il capitolo 13 di Pfizinger sia i diversi post di questo sito dedicati a come correre velocemente più maratone in un breve arco di tempo, mi ero reso conto che l’unico modo d’impostare la gara fosse quello di pensare a Reggio come un lungo lento preparatorio al mio unico obiettivo 2016 (la maratona “di casa”, Anversa).

Analisi battitiEd in effetti, per i primi 3 minuti di gara mi ero convinto che non avrei sofferto nemmeno un secondo durante i 42km, ma due eventi mi hanno scombussolato i piani iniziali. L’incontro con Michele che mi ha raggiunto al primo chilometro (“ma tu scrivi sul sito di Pitt?”, “riesci a starmi dietro?”) e la sua crisi alla salita del venticinquesimo km mi hanno, da un lato catapultato verso ritmi più rapidi del previsto, sebbene non impossibili (passaggio alla mezza in 1h20’43”) e dall’altro spinto a raggiungere chi mi precedeva, conscio di aver tenuto battiti inconsuetamente bassi per i miei standard. Cercando di non correre da solo, ho leggermente accelerato la falcata (ora sapientemente misurata in maniera istantanea dalle nuove dinamiche di corsa, generazione 2, dal Garmin Forerunner 920xt): in pochi minuti mi è stato relativamente facile raggiungere e superare una dozzina di atleti che mi precedevano.

Analisi falcataEd al trentaduesimo chilometro, complici le discese che mi riportavano in centro, ho accelerato per poter nuovamente scendere sotto le 2h40. Obiettivo che si è concretizzato a pochi chilometri dall’arrivo, anche grazie alla collaborazione del forte atleta Simone Corsini, al debutto in maratona.

Ora mi aspetta qualche giorno di riposo, sperando di dedicarmi alla lettura di nuovi libri di corsa ed alimentazione: l’obiettivo è di leggerne almeno 3, meglio 5, ne parleremo nei prossimi giorni sul sito: almeno sarò impegnato e non potrò correre più di tanto. Ma magari la lettura mi spingerà a seguire nuove teorie e forse a correre in maniera più intelligente, diminuendo lo sforzo ma massimizzando il risultato.

“Massi” Milani e il PB alla “Verona Marathon 2015”

Partenza Verona Marathon 2015

Partenza Verona Marathon 2015La Maratona di Verona è diventata una kermesse del podismo italiano, quando ha scambiato la data con la Maratona di Torino (n.d.r. ironicamente nel 2019 Torino ha fissato la sua maratona il 24 Novembre). Per quanto riguarda Massi, cosa aggiungere, quando si migliora di oltre due minuti in maratona, passando da 2h39′ alto a 2h37′ basso? Anche se il Personal Best era nell’aria, si trattava pur sempre di andarlo a prendere… e con oltre quarantadue chilometri nel mezzo, non è mai scontato!  Per gli appassionati di fisiologia, da non perdere il grafico qui sotto, che mette a confronto il tracciato cardiaco tra la maratona di domenica scorsa e quella di Boston, ad aprile di quest’anno: media quasi uguale (186 contro 185 bpm), andamento nettamente diverso.

La Maratona di Verona, cronaca di un Personal Best Annunciato

Le associazioni della mente umana sono a volte incomprensibili: «Elvis Presley aveva un fratello gemello, qual è la probabilità che fosse monozigote?» Prima della partenza della maratona di Verona non riuscivo a togliermi dalla testa questo piccolo dilemma statistico, che avrei risolto molto semplicemente qualche anno fa e che ora invece sembrava insormontabile. Non doveva essere molto alta, mi diceva l’intuizione, ma probabilmente più alta di quella che un maratoneta keniano possa abbattere entro il 2020 il muro delle due ore in maratona. Non so quanto avrei pagato per aver a disposizione un telefono per cercare su internet, ma i controlli della maratona di Verona erano più rigorosi di Busto, e volendo partire davanti, non potevo rischiare di restare imbottigliato alla partenza.

Essere davanti era fondamentale per la mia mente, non perché «Long lead times are self-fulfilling», ma semplicemente per arrivare al traguardo prima possibile. Anche se mi era chiarissima l’analisi che mostra che maggiore la distanza, più larga è la strada, minore il numero di partecipanti e più alti i controlli sui tempi, minore è la probabilità di essere rallentati in partenza, la mia emotività tendeva a prevalere sulla razionalità.

C’è stata in effetti molta casualità ma anche molta organizzazione nella preparazione di questa maratona. Forse non esattamente il caso mi ha portato a correre in posti molto diversi, sicuramente la scelta dell’hotel l’ho demandata a chi non poteva capire l’importanza di avere un parco vicino, più della presenza di ristoranti rinomati nei paraggi. Ma oramai riesco ad organizzarmi e se voglio correre forte ho sempre a disposizione qualche tapis: il segreto è non pensare a cosa succederebbe cadendo dallo strumento mentre si corre a 18 km/h.

Esperimenti in Maratona

Confronto Verona - Boston 2015E’ stata la maratona delle prime volte e degli esperimenti. Ho cambiato tipologia di tabella, passando da Jack Daniels ad una versione semplificata di Steve Magness: davvero un programma molto interessante, che mi ha fatto capire che non so niente di fisiologia della corsa. Mi sono inoltre virtualmente preparato con altri amici su Twitter e via email: avevo già provato l’esperimento 2 anni fa con il fondatore di questo sito, ma per la prima volta ho corso allenamenti “sincronizzati”. A Francoforte non era andata male, ma è sempre piacevole avere amici che ti spronano nell’allenamento, anche se a distanza.

Un’altra grande novità, che mi spaventava ed al tempo stesso affascinava è stata l’utilizzo di Generation UCAN, la prima bevanda energetica low carb. In gara ho bevuto solamente acqua ed il muro della maratona non l’ho proprio visto. Ne parlerò in un prossimo post sull’alimentazione, scritto a 4 mani con Gianmarco. Purtroppo c’è stata una prima volta che non avrei mai voluto sperimentare, ossia correre con i postumi dell’infortunio di Tradate, ma qualche tecar e l’applicazione di Kinesio taping il giorno prima della gara mi hanno permesso di non soffrire psicologicamente più di tanto. Almeno a livello statistico, un impatto vero non c’è stato: la falcata media è invero aumentata di 6 cm in un anno, grazie alle sedute di stretching attivo dinamico degli ultimi 2 anni. Purtroppo il lieve calo del finale è probabilmente dovuto alla mia incapacità di mantenere la cadenza sopra i 190 passi al minuto nella seconda parte di gara. Inoltre per la prima volta da quando corro seriamente sono andato al luogo della competizione la sera prima: davvero bello scendere in strada pochi minuti prima della gara, dopo mezz’ora di stretching al caldo, fare un riscaldamento breve ma utile, ed entrare nelle griglie solo a 9 minuti dalla partenza.

Tecnologia in Maratona e Vo2Max

Previsione GarminHo infine gareggiato con un solo orologio, il Forerunner 620. Anche se è tecnologicamente superato dall’assenza della piattaforma Garmin IQ, resta per me l’orologio più preciso, più semplice e più intuitivo per un podista sempliciotto come me. In allenamento invece preferisco correre con due o tre GPS, ma domenica non avevo bisogno di ulteriori rilevamenti, tranne di tre campi velocità e soprattutto del calcolo dei battiti al minuto, unico personalissimo indicatore a metà gara della possibile riuscita della maratona.

Curiosamente all’arrivo mi sono ricordato del dilemma di Elvis Presley, e mi è ritornata in mente la risposta al quesito. Era molto vicina alla probabilità che a Verona prima di partire avrei corso un Personal Best, pur sapendo di essere leggermente infortunato. Il bello della corsa è che la tecnologia aiuta a capire i propri limiti e la mente pensa sempre a strade nuove per superarli.

Busto Arsizio e Riva del Garda

Confronto Busto - Garda 2015Post Scriptum. molti amici mi hanno chiesto un confronto statistico tra i risultati della maratonina di Busto e quella di Riva del Garda, corse in contemporanea l’8 Novembre 2015. Davvero sorprendenti le due Gaussiane.





“Massi”, il PB sulla 10 km e l’arte di valutare i GPS

Massimiliano "Massi" Milani a Monza

Massimiliano "Massi" Milani a MonzaOrmai lo conoscete bene (qui tutti i suoi articoli che ho il piacere di ospitare), quindi non mi dilungo più di tanto e vi presento il suo resoconto della gara di 10 km corsa a Monza (seconda tappa del “Garmin ForeRUNner Tour”) esattamente quattro giorni fa (qui la classifica completa).

Un’unica piccola premessa: il nostro “Massi” non si è limitato a migliorare il proprio personal best sulla distanza, ma ha anche corso con due orologi GPS diversi per valutarne le differenze di rilevazione, oltre a prendersi la briga di analizzare i vari tracciati registrati dai diversi GPS dei podisti presenti alla gara che poi hanno effettuato l’upload su “Garmin Connect” o “Strava”.
Alla mia banalissima domanda (che sono sicuro vi starete facendo anche voi…) “Quanti metri di differenza tra i due GPS?”, ovviamente non ha risposto dicendo giustamente che “Serviranno ulteriori rilevazioni per dare un giudizio più completo”. Professionista, in tutto e per tutto (guardate attentamente i grafici più sotto!!!).

Piccola parentesi relativa alla “telemetria” delle sue ultime tre gare (dati presi da Strava):

“Boston Marathon” (lunedì 20 aprile 2015): 3’57” al km, 185 bpm medi, 686 Suffer Score (678 Points in the Red);
“10 Miglia d’Anversa” (domenica 26 aprile 2015): 3’37” al km, 193 bpm medi, 268 Suffer Score (266 Points in the Red);
“Garmin ForeRUNner Tour – Monza 10 km” (domenica 31 maggio 2015): 3’31” al km, 192 bpm medi, 161 Suffer Score (161 Points in the Red).

Tralasciando il resto e concentrandosi solo su “Suffer Score” e “Points in the Red” (qui una breve descrizione)… beh direi che è uno che in gara NON si risparmia!!!

E finalmente, ecco il suo resoconto…

Nel giorno dedicato ai singles di tutto il mondo, l’11 Novembre, i consumatori cinesi hanno speso nell’intera giornata sui due più grandi siti di Ecommerce, Taobao e Tmall (entrambi parte del colosso Alibaba) l’equivalente di 9,3 miliardi di dollari. Per alcuni analisti queste stime sono pessimistiche, non tenendo conto di alcuni acquisti effettuati durante la giornata. Gli stessi ritengono che siano state inoltre trascurate le transazioni del gioco online, molto amato dai cinesi e ancora non correttamente recensito. Secondo altri studiosi invece, da quando le principali società orientali si sono quotate al Nasdaq ed al New York Stock Exchange, i numeri di vendita sono sovrastimati per permettere agli azionisti una valorizzazione robusta dei corsi azionari. E’ di questi giorni la polemica molto infuocata sul valore intrinseco di Vip.com, il terzo più importante attore ecommerce dove si possono facilmente comprare con un click abiti griffati ma scontati, così amati dalle giovani donne cinesi, sempre più lontane dallo spirito comunista di Mao Tze Tung.

Le statistiche cinesi sono state a lungo viste con scetticismo o incredulità. Nel 2007 l’economista Carsten Holz della Princeton University, ha suggerito di utilizzare le statistiche ufficiali “cum grano salis”, con “un pizzico di buon senso”. Nello stesso anno Li Keqiang, attuale primo ministro cinese, ha definito i dati sulla produzione della provincia Liaoning “solo di riferimento”.

Stanno diventando “solo di riferimento” anche la valutazione delle distanze dei più recenti strumenti tecnologici, con cui i podisti nostrani analizzano le performance delle principali gare podistiche. Ma da quando, oltre 20 anni fa, imparai che in statistica l’errore di misurazione non è di per sé un problema e che la variabilità è una parte intrinseca delle attività misurate, affronto l’argomento con cognizione di causa e relativo distacco.

Fino al 2012, epoca in cui i GPS tendevano a sovrastimare le distanze era tutto più semplice: nessuno si chiedeva se le gare fossero di 10 chilometri oppure di 42.2. Ma con lo sviluppo della tecnologia, tutti i principali produttori GPS hanno tarato meglio i loro strumenti, aumentando il rischio di sottovalutarne la distanza. In teoria, dovrebbe essere equamente probabile sbagliare “nelle due direzioni”.

Questa lunga premessa per dire che domenica mattina sono stato ingaggiato dal mio socio Gianmarco in qualità di “Gadget intelligent individual” per analizzare alcuni GPS e stabilire quale fosse quello più preciso. La sede prevista del test era il parco di Monza, dove ho ricevuto il testimone della staffetta della competizione Garmin ForeRUNner Tour 2015, partecipando alla seconda tappa. I trecento atleti alla partenza della gara competitiva su 10km, hanno potuto godere di un percorso relativamente fresco ed ombreggiato, ma costellato da parecchie curve e cambi di direzione. Condizioni ideali per poter svolgere il mio compito e preparare una bella recensione. Inizialmente erano previsti 4 orologi di marche diverse, ma non volendo essere scambiato per un giapponese senza occhi a mandorla, ho limitato la scelta soltanto a due. La brutta notizia per il lettore è che sarò costretto a gareggiare altre volte prima di poter emettere un verdetto definitivo.

Venendo alla gara, mi sono attardato un po’ troppo al riscaldamento, attraversando la linea di partenza soltanto qualche secondo dal via. Superando un centinaio di podisti grazie all’ampio spazio a disposizione nel viale della partenza, dopo un minuto mi sono ritrovato intorno alla decima posizione, posto che ho conservato fino al traguardo, ottenendo tra l’altro la prima piazza della categoria SM40 (gara conclusa in 34 minuti e 37 secondi). Sul percorso sono riuscito ad ammirare i tantissimi podisti amatori che domenica mattina hanno approfittato per correre al parco, davvero uno spettacolo inconsueto anche in gare brevi.

Valutazione distanza di garaMa l’obiettivo di domenica non era agonistico, per ottenere il lauto compenso previsto da The Running Pitt per la valutazione degli orologi, dovevo osservare attentamente i cartelli e confrontarli con i dati GPS. Anche se la mente ha perso lucidità con il passare del tempo con la progressiva crescita dei battiti cardiaci che già al terzo chilometro hanno superato i 190bpm, la mente è stata avvolta da due certezze, una speranza ed un dubbio. La prima certezza è che non serviva un PhD in statistica per capire che il percorso era leggermente più corto. Analizzando i tracciati presenti su Garmin Connect e Strava, unico sito in grado di indicare la lista di podisti che hanno partecipato alla stessa gara, posso serenamente affermare che c’è una probabilità non nulla che mancassero almeno 100 metri alla distanza “ufficiale”. La seconda certezza è che i nuovi orologi Garmin hanno bisogno di qualche mese dal lancio sul mercato prima che il loro firmware possa diventare stabile: sia il 920xt, sia il Fenix 3 necessitano e necessiteranno di mesi di correzioni nella programmazione. Non dimentichiamoci che il 620 ha dovuto attendere più di un anno per avere passo medio davvero affidabile.

Confronto nuovi e vecchi GPSIl dubbio finale è che alcuni podisti abbiano festeggiato il loro Personal Best pur non avendo titolo per farlo. Non bastano le pubblicità allettanti sui principali giornali di podismo e le recensioni positive per pensare che i nuovi modelli misurino correttamente la distanza percorsa. Per avere maggiori sicurezze della veridicità e dell’accuratezza degli orologi GPS, bisognerà attendere qualche anno. E’ di pochi giorni la notizia dell’acquisizione da parte di un colosso tecnologico di una startup, Coherent Technology, che sta sviluppando per il dipartimento della difesa un sistema di posizionamento di alta precisione, basato sui satelliti Iridium. Se poi casualmente l’acquirente si chiama Apple, possiamo sperare che l’iGPS rivoluzioni il modo di valutare i risultati delle proprie prestazioni.

In conclusione, anche se esiste una probabilità non nulla che il vostro Personal Best sui 10 km sia inficiato dal percorso più corto, ci auguriamo che domenica abbiate festeggiato con ottime bollicine italiane. Se ci siete andati vicini, con un “pizzico di buon senso” ed allenandovi sistematicamente è probabile che nei prossimi mesi potrete cercare il vostro “vero” Personal Best, magari alle prossime tappe del Garmin ForeRUNner Tour 2015.




“Moonlight Half Marathon 2015”, ci vediamo sabato 23 maggio a Jesolo Lido?

Moonlight Half Marathon

Moonlight Half MarathonErano anni che volevo partecipare a questa gara (qui, sarà la quinta edizione), poi per un motivo o per un altro non ci sono mai andato.
Recupero quest’anno, anche perché la novità è che oltre alla mezza maratona hanno inserito la 10 km competitiva (fa parte del circuito di gare “Garmin Forerunner 10 km”), distanza per la quale nell’ultimo periodo mi sono preparato meglio.

Partenza alle 19:15 da piazza S. Maria Elisabetta a Cavallino Treporti, arrivo a Jesolo Lido in piazza Giuseppe Mazzini (come la mezza, che però parte alle 19:30 dalla diga di Punto Sabbioni, sempre a Cavallino Treporti). Gli anni scorsi me ne hanno parlato tutti bene, sia della gara, sia dell’evento in sé (gli organizzatori sono gli stessi della “Venicemarathon”)… finalmente potrò verificare dal vivo!

Vista la location, approfitterò dell’occasione per prendermela comoda nel dopo gara (dormiremo a Jesolo…), quindi ben venga il “Moonlight Beach Party” dedicato all’evento presso la Capannina Beach, sempre in piazza Giuseppe Mazzini, a partire dalle 22:00.

Anche se, tenendo conto dei miei “normali” orari, il vero problema sarà cercare di non addormentarmi da qualche parte… ;-)

Fascia cardio, problemi e soluzioni

Cardio

CardioLa scena è abbastanza consueta e frequente: appena fuori casa, superato l’impatto del freddo, attendiamo qualche secondo per la ricezione dei satelliti, iniziamo le prime falcate di corsa, e immediatamente notiamo qualcosa di strano. La frequenza cardiaca aumenta dolcemente, in pochi secondi senza nemmeno accorgerci raggiungiamo prima i 160bpm, poi i 180bpm e a volte persino sfioriamo i 200bpm. Sappiamo già che il nostro GPS preferito ci sta mentendo.

Con l’arrivo dell’inverno purtroppo, al podista che si allena basandosi sui battiti cardiaci, oltre al freddo si pone un problema supplementare: come assicurare che l’analisi della frequenza cardiaca sia corretta?

Wrong updatedAnche il grafico dopo l’allenamento risulta familiare: una piccola parabola rovesciata contraddistingue solitamente i primi dieci minuti della seduta. Guardando attentamente il grafico, ci accorgiamo che sbalzi dei battiti sia verso l’alto sia verso il basso avvengono anche durante l’allenamento in maniera che a prima vista sembra casuale. Ogni volta che vediamo un grafico simile, a parte lamentarci, ci ripromettiamo che laveremo più frequentemente la fascia, e che forse è giunto il momento di cambiarla. Purtroppo questo fenomeno si verifica con tutte le fasce presenti sul mercato: abbiamo potuto personalmente verificare che nessuna fascia tra Garmin, Polar, Timex, Tom Tom, Suunto e Wahoo ne è immune.

Ma conviene davvero cambiare la fascia? Che cosa si può fare per limitare il problema? Come evitarlo? Qui sotto discutiamo alcune possibili soluzioni.

Le principali cause del problema

Assumendo che la fascia venga indossata correttamente (abbastanza stretta e posizionata alla giusta altezza), senza ombra di dubbio due sono le principali cause del problema:

1) Mancanza di umidità / aria secca. Nei mesi invernali, l’aria è molto fredda e tipicamente secca. In tali condizioni la nostra pelle è meno idratata del solito e suderemo meno, almeno all’inizio dell’allenamento. Se questo può essere potenzialmente un vantaggio per l’allenamento, al tempo stesso la conducibilità termica del corpo diminuisce e quindi è molto probabile che la fascia non riuscirà a trasferire correttamente i dati dei battiti. “Idratando” la fascia, la situazione migliora, almeno fino al momento in cui si comincia a sudare (non è un caso che dopo alcuni minuti i battiti cardiaci indicati sull’orologio “diminuiscano”).
2) Utilizzo di magliette tecniche. A complicare la situazione, le magliette tecniche utilizzate in allenamento creano ulteriore elettricità statica influenzando il trasferimento dei dati al GPS, anche se alcune magliette creano maggiori problemi di altre. Per limitare il problema, i prodotti di lavaggio comuni aiutano a generare un effetto antistatico, eliminando le cariche elettriche (impedendo tra l’altro che i “pelucchi” si attacchino sui tessuti) e riducendo quindi il rischio che i dati siano trasferiti erroneamente. Infine, anche lo stato delle fasce cardiache influenza il fenomeno: quelle più usurate hanno un impatto negativo, che invece non si nota con le più recenti (in particolare quelle Polar sono considerate di migliore qualità).

Alcune soluzioni

Una volta capito il problema, le possibili soluzioni sono diverse:

1) Indossare la fascia prima dell’allenamento, durante il riscaldamento. Prepararsi prima di uscire di casa, fare 15-20 minuti di riscaldamento all’interno delle pareti domestiche (per esempio, con stretching attivo dinamico, core stability, 10 minuti di cyclette) consente di iniziare a sudare prima della seduta podistica e quindi diminuisce la probabilità di eventuali sbalzi della fascia. Provare per credere!
2) Bagnare la fascia. Ci vuole un po’ di coraggio ad indossarla a temperature sotto lo zero, ma anche bagnare la fascia sotto il rubinetto riduce sensibilmente il rischio di errori. I primi minuti dell’allenamento saranno un po’ strani, ma poi ci si abitua. L’alternativa è umidificare la fascia con la saliva: pur non essendo un metodo al massimo dell’igiene, funziona al 99%.
3) Cambiare la batteria. A volte gli errori, soprattutto la diminuzione repentina dei battiti, sono causati da un problema alla batteria CR3032 del ricevitore della fascia. I più recenti modelli GPS (Forerunner 920XT, 620 e 220) segnalano normalmente il verificarsi di tali situazioni. Indipendentemente dal messaggio, visto l’esiguo costo della batteria, suggeriamo di sostituirla ogni 12-18 mesi a seconda dell’utilizzo.
4) Spostare la posizione della fascia. In caso di anomalie durante l’allenamento, potrebbe essere utile muovere leggermente la fascia sul petto. In molti casi gli errori si correggono da soli, ma il metodo non è garantito.

Cosa suggeriamo

GelIl miglior modo per evitare che ci siano falsi picchi cardiaci, è di comprarsi un gel per migliorare la conducibilità della rilevazione cardiaca. Per intenderci, stiamo parlando di quell’odioso gel che tutti noi una volta all’anno durante la visita medica di idoneità siamo costretti a mettere sul corpo durante l’elettrocardiogramma (ECG). È una soluzione davvero poco costosa e decisamente brillante.
In effetti, le altre alternative descritte in precedenza “funzionano” durante le sedute di qualità o in allenamenti intensi, ma in uscite di recupero è difficile pensare di sudare, e la fascia ancorché inizialmente bagnata, tenderà ad asciugarsi rapidamente. Invece il gel per l’ECG è progettato per resistere molto più a lungo sulla pelle e sulla fascia. Basta mettere un po’ di gel sulle due estremità della fascia, e il gioco è fatto: nessuno sbalzo iniziale, nessun riduzione dei valori cardiaci a metà seduta, tutto funziona benissimo.

StatQui di fianco un esempio di grafico di un tracciato cardiaco con fascia cosparsa di gel: si evidenzia immediatamente che non ci sono picchi, né variazioni significative di battiti (la variazione a metà seduta è dovuto alla corsa a ritmi più lenti).
Una volta completata la seduta podistica, il gel non unge la pelle e l’eventuale residuo si pulisce con l’acqua, senza danneggiare la fascia. Il gel si trova in farmacia, oppure online su Amazon o su altri siti di Ecommerce, ad un prezzo indicativo di 5-10 euro (attualmente il Gel Compex di 250gr è scontato sul sito Amazon del 40%). Normalmente anche uscendo tutti i giorni la durata della confezione è di circa 1 anno e mezzo – 2 anni.

Per chi invece trova particolari disagi a indossare la fascia cardio ma non vuole rinunciare al rilevamento cardiaco, si possono utilizzare dei sensori esterni da posizionare sul braccio o sulla testa (qui) o un GPS con integrata la rilevazione del battito cardiaco (qui).




Sensore “WTEK HS-2BT” e confronto tra GPS

WTEK HS-2BT

Due post in uno… vado con ordine!

WTEK HS-2BTSensore “WTEK HS-2BT”
Si tratta di un sensore per il battito cardiaco, con tecnologia a luce pulsata, che comunica con le varie periferiche (smartphone o GPS da polso con protocollo di comunicazione compatibile) grazie alla connessione “Bluetooth Smart”. Va posizionato sulla parte interna dell’avambraccio, agganciandolo a un polsino elastico (uno griffato “WTEK” si trova già nella confezione) oppure sulla fronte (in tal caso, serve una fascia o qualcosa di simile). Si accende e spegne facilmente con un pulsante, la prima volta bisogna attendere qualche secondo in più in modo tale da farlo riconoscere alla periferica.
L’ho testato in un paio di occasioni durante la corsa e mi è sembrato abbastanza fedele, dopo i primi minuti di “riscaldamento” (ma è una cosa normale per gran parte dei cardiofrequenzimetri). A riposo, risulta più preciso se posizionato sulla fronte.
Da felice possessore di un “GPS TomTom Multi-Sport Cardio” (qui), è un ottimo strumento soprattutto per chi trova fastidiosa la classica fascia da indossare sul petto.
Qui il sito ufficiale con tutte le informazioni a riguardo.

Confronto tra GPS (“TomTom Multi-Sport Cardio” e “Garmin Forerunner 620”)
Grazie a un mio collega, questa mattina ho potuto usare in contemporanea il mio “TomTom Multi-Sport Cardio” (qui) e il suo “Garmin Forerunner 620″, entrambi aggiornati alle rispettive ultime versioni software. Li ho indossati sullo stesso polso, fatti partire e fermare quasi in contemporanea (5” di differenza su un allenamento di oltre 1h21′). Prima e ultima parte della seduta corse in centro, con curve secche, discese (all’inizio) e salite (alla fine).
Le sedute sono visibili su Strava (qui il “TomTom”, qui il “Garmin” sul profilo del mio collega). Differenze considerevoli! 19,9 km contro 20,5 km (1h21’11” contro 1h21’16”, come anticipato ho premuto stop sul Garmin 5” dopo il “TomTom”), cadenza media 181 contro 176 passi al minuto (differenza che dipende anche dalla diverse distanze?)! 600 metri di differenza, quasi il 3%.
Qui sotto i ritagli di una piccola parte dei tracciati (la partenza e l’arrivo) in modalità “Mappa satellitare”. In entrambi i casi, i tracciati vanno un po’ “a caso”, ma si nota abbastanza chiaramente che il “TomTom” è più lineare del “Garmin”. Ovviamente servirebbero più prove per un giudizio definitivo…
Ancora una volta, la conferma che i GPS da polso non sono perfetti e che tra prodotti diversi la valutazione corretta è “Quale tra questi risulta meno impreciso?”.

TomTom Multi-Sport Cardio

TomTom Multi-Sport Cardio

Garmin Forerunner 620

Garmin Forerunner 620

Da oggi si pensa alla pista…

Pitt Project 2014

Pitt Project 2014Sono passati dieci giorni dalla Milano Marathon (qui).
Le gambe si sono riprese velocemente dopo qualche giorno (due giorni di riposo assoluto, ma già giovedì mi sono stupito di correre senza fastidi), alla testa invece sono serviti alcuni giorni in più (diciamo fino a sabato…) per smaltire completamente la delusione mista rabbia (“rabbia” per il clima trovato e l’occasione sprecata, “delusione” verso me stesso per aver “mollato” in gara una volta resomi conto che le condizioni erano particolarmente difficili per un risultato cronometrico buono o almeno discreto).
Della serie, non tutti i mali vengono per nuocere: non aver spinto a tutta quando le difficoltà in gara sono aumentante, da un lato mi ha “consegnato” un paio di minuti in più sul crono finale, dall’altro mi ha probabilmente impedito di auto-distruggermi nel finale, pagando chissà per quante settimane lo sforzo. Archiviata la parte negativa della prestazione (sono sicuro che mi servirà per il futuro…), ben venga quella positiva, ovvero un recupero veloce!

Non ho volutamente esagerato, quindi dopo i due giorni di riposo e la prima corsetta a ritmi lentissimi (mercoledì), da giovedì scorso fino a ieri ho svolto solo sedute di Corsa Lenta comprese tra 12 e 15 km, tranne sabato, dove per testare la condizione ho inserito otto variazioni di ritmo da 200 metri con 500 metri di corsa lenta in mezzo (buone sensazioni). Circa 89 km (sette sedute) nei nove giorni successivi alla maratona.

Oggi a calendario avevo il primo allenamento del “Pitt Project” (qui): 2 x 3,2 km (inizio a ragionare a multipli di 400 metri…) con recupero 2′ di corsetta (qui la mia attività su Strava).
Da un lato, la prima occasione per cercare ritmi veloci (quindi per forza di cose, un basso volume di ripetute per seduta), dall’altro un ottimo test per verificare oggettivamente le sensazioni di recupero post-maratona (che sono sempre soggettive). Che dire? Oltre ogni più rosea aspettativa: passaggio ai 3.000 metri entrambe le volte intorno ai 9’45”, media finale 3’17” al km (dato del mio “GPS TomTom Multi-Sport”, il “Garmin Forerunner 610” del mio compagno di corsa è stato decisamente più “generoso”, qui per approfondire), nonostante il recupero di soli 2′ tra una e l’altra (si ringrazia David, senza di lui sarebbe stato impossibile avvicinare questi tempi da solo in allenamento)!

Quindi il programma prosegue come previsto: gara di 10 km il 27 aprile da fare al massimo (scaricando bene nei giorni prima), mezza maratona della Bavisela la domenica successiva da fare altrettanto bene, ma tenendo sempre presente il fattore clima: se favorevole, è gara da personale (visto il dislivello), se avverso (2013 l’edizione peggiore degli ultimi anni, Bora e tanto caldo, qui), è gara da peggior prestazione sulla distanza nonostante ci si impegni al massimo!
La settimana successiva altra gara di 8 km, ma da gestire in maniera intelligente: possibilmente 5 km “in controllo”, 3 km finali a tutta. Per forza di cose gli allenamenti di queste settimane dovranno essere leggeri, soprattutto tra una gara e l’altra, con un’unica seduta di qualità dove richiamare il ritmo di soglia ma per pochi chilometri.

Dopo la gara dell’11 maggio ci saranno invece ben quattro settimane senza impegni agonistici: l’occasione per allenarsi bene per le gare in pista di giugno e soprattutto di inizio luglio (per ora ho a calendario un 3.000 m e tre 5.000 m).

Ecco un programma di massima per le sedute di qualità (tutte in strada fino a inizio maggio: per ora fa ancora troppo freddo per andare in pista alle 6 del mattino, trovandosi la stessa in una delle zone più esposte della città!):

– mercoledì 16 aprile 2014: 2 x 3,2 km Rec. 2′ corsetta;
– sabato 19 aprile 2014: 10 x (2′ molto forte – 1′ piano);

– mercoledì 23 aprile 2014 (pre-gara): 3 x 1,6 km Rec. 2′ corsetta, 3 x 400 m Rec. 1’30” camminando;
– domenica 27 aprile 2014: GARA 10 km (“Mujalonga sul mar”);

– mercoledì 30 aprile 2014 (pre-gara): 3 x 1,6 km Rec. 2′ corsetta;
– domenica 4 maggio 2014: GARA 21,097 km (“Maratonina di Trieste”);

– mercoledì 7 maggio 2014 (pre-gara): a seconda di quanto si è speso alla mezza, in caso anche solo Corsa Lenta e brevi variazioni di ritmo;
– domenica 11 maggio 2014: GARA 8 km, da gestire con intelligenza (“Trofeo Principe”);

– giovedì 15 maggio 2014 (in pista): 7 x (3′ molto forte – 4′ piano);
– domenica 18 maggio 2014: 16 km intorno a 3’30”;

– mercoledì 21 maggio 2014: 2 x (4′ molto forte – 3′ piano), 3 x (3′ molto forte – 2′ piano), 4 x (2′ molto forte – 1′ piano);
– giovedì 22 maggio 2014 (in pista): 4 x 1,6 km Rec. 2′ corsetta;

– mercoledì 28 maggio 2014 (in pista): 3 x 3,2 km Rec. 2′ corsetta;
– sabato 31 maggio 2014 (in pista): 6 x (4′ molto forte – 3′ corsetta);

– mercoledì 4 giugno 2014 (pre-gara in pista): 3 x 1,6 km Rec. 2′ corsetta;
– domenica 8 giugno 2014: GARA 5.000 m in pista (“Il cavallo scende in pista”);

– martedì 10 o mercoledì 11 giugno 2014 (pre-gara in pista): a seconda di quanto si è speso ai 5.000 in pista, in caso anche solo Corsa Lenta e brevi variazioni di ritmo;
– sabato 14 e/o domenica 15 giugno 2014: GARA 5.000 m in pista sicuro, ma forse anche qualcos’altro (“Campionato Regionale master su pista”);

– martedì 17 o mercoledì 18 giugno 2014 (pre-gara in pista): a seconda di quanto si è speso ai 5.000 in pista, in caso anche solo Corsa Lenta e brevi variazioni di ritmo;
– sabato 21 giugno 2014: GARA 3.000 m in pista (“Trofeo Val Rosandra”);

– martedì 24 giugno 2014 (in pista): 2 x 3,2 km Rec. 2′ corsetta;
– venerdì 27 giugno 2014 (in pista): 10 x (2′ molto forte – 1′ piano);

– lunedì 30 giugno 2014 (pre-gara in pista): 3 x 1,6 km Rec. 2′ corsetta;
– venerdì 4 luglio 2014: GARA 5.000 m in pista (“Campionato Nazionale Master su pista”);
– sabato 5 luglio 2014 (da confermare all’ultimo momento, sarebbe una sorta di “salto nel buio”): GARA 1.500 m in pista (“Campionato Nazionale Master su pista”);

– 6 giorni di recupero attivo (solo palestra, Corsa Lenta e allunghi);
– sabato 12 luglio 2014: “GARA” 8 km (“Corsa della birra in romagna”, 10 giri da 800 m, 1 bicchiere di birra ogni giro);

– 10 giorni di recupero attivo (solo palestra, Corsa Lenta e allunghi).

Come ritmi per le sedute di qualità, le ripetute “lunghe” (1,6 e 3,2 km) da correre intorno al ritmo di soglia (più o meno 3’20” al km), mentre le sedute dove sono specificati i minuti “molto forte”, si cerca di avvicinare il ritmo del VO2Max (quindi possibilmente più vicino ai 3’00” che ai 3’10” al km). Il recupero sempre di corsa ma solo per tenere in moto le gambe, quindi senza darci troppa importanza.
Gli altri giorni, solo Corsa Lenta (diciamo tra 3’50” e 4’20” al km, sempre a seconda di quello che si è fatto il giorno prima e che si deve fare il giorno dopo, e ovviamente delle condizioni del momento!), senza esagerare con i chilometri totali (12-13 km a seduta, riservandosi una seduta più lunga intorno ai 20 km nel fine settimane se non ci sono gare). Una o due sedute a settimana di core stability e pesi leggeri per le gambe (questi solo nelle settimane dove non ci sono gare), qui per gli esercizi. Il solito stretching e tanto auto-massaggio (qui).

So già che in ogni caso mi divertirò alla grande… ;-)

GPS TomTom Multi-Sport, in una parola: PRECISO!

GPS TomTom Multi-Sport
GPS TomTom Multi-Sport

Il riepilogo della Milano Marathon 2014… altre volte sono stato decisamente più veloce!

E aggiungerei: INCREDIBILMENTE preciso! Lo utilizzo da due mesi, associato alla (modello “H7”, acquistata successivamente, qui le caratteristiche).

FORMATO E CINTURINO

Indubbiamente è uno dei GPS sportivi più indossabili, niente a che vedere con i “computer da polso” di qualche anno fa.
Il cinturino è di plastica colorata, volendo se ne possono comprare di diversi colori (sono sei quelli attualmente disponibili). L’orologio si toglie e si mette in un paio di secondi. Spessore, peso e ingombro minimi, nessun problema a utilizzarlo anche nella vita di tutti i giorni.

SCHERMATE E UTILIZZO

Molto semplice da utilizzare grazie al menù essenziale e all’unico pulsante, una sorta di “joystick” che permette di spostarsi tra le varie opzioni andando nelle quattro direzioni e di confermare eventuali modifiche semplicemente andando a destra. Non serve nemmeno leggere il manuale, i menù sono talmente chiari che non ci sono dubbi di sorta.
Dalla modalità orologio (la schermata mostra l’ora in grande e la data in piccolo), con una pressione a sinistra si visualizza lo stato dell’orologio (“Batteria”, “Memoria”, opzione “QuickGPS”, “Versione” del firmware, numero di serie), con una pressione in basso le varie opzioni da personalizzare (“Ora”, “Sensori”, “Telefono”, “Modo Aereo”, “Opzioni”, “Profilo”), con una pressione a destra le varie “Attività” disponibili (“Corsa”, “Ciclismo”, “Nuoto”, “Tapis Roulant”, “Cronometro”).
Ogni scelta ne permette delle altre. Per esempio, selezionando “Corsa”, con una pressione in alto si arriva al menù “Cronologia”, mentre con una pressione in basso a quello “Impostazioni”, ulteriormente diviso in “Allenamento” e “Metriche”:
– “Allenamento”, permette di scegliere se allenarsi a “Obiettivi” (“Distanza”, “Tempo” o “Calorie”), a “Intervalli” (impostando riscaldamento, sforzo, riposo, numero di serie e defaticamento, tutti a distanza o a tempo), a “Giri” (“Tempo”, “Distanza” o “Manuale”), a “Zone” (“Andatura” o “Cuore”) o in “Gara”, gareggiando contro se stessi (pescando dalla “Cronologia”) o contro il tempo (ci sono distanze e tempi minimi da battere);
– “Metriche”, permette di scegliere quali informazioni visualizzare fisse sullo schermo in piccolo (in alto a sinistra e in alto a destra), scegliendo tra tutti i dati disponibili. Il dato in grande invece si può cambiare in corsa semplicemente premendo il joystick in su e in giù.
Se si è scelta l’opzione di “Giro Manuale”, per chiudere un giro è sufficiente un colpo sullo schermo. Altrimenti, alla pressione dello schermo corrisponde l’accensione temporanea della luce (dura circa 5 secondi).

PRECISIONE TOMTOM MULTISPORT

L’ho confrontato in parallelo con il “Nike+ Sportwatch GPS” (ne scrivo qui, qui invece il confronto con il “Garmin Forerunner 310XT”) e le differenze sono minime (del resto, anche il Nike+ è un prodotto TomTom…).
Ho avuto modo di confrontarlo anche con gli altri GPS dei miei compagni di corsa e come previsto le differenze sono notevoli… diciamo che TomTom e Nike+ sono decisamente meno “permissivi” dei vari Garmin, un paio di esempi…
– Gara di 7,35 km (dichiarati) corsi quasi spalla a spalla: il TomTom ha rilevato 7,30 km, il “Garmin Forerunner 610” (aggiornato all’ultima versione disponibile e impostato in modalità registrazione “al secondo”) 7,45 km. 150 metri di differenza su poco più di 7 km non sono proprio uno scherzo!
– Milano Marathon (42,195 km), il TomTom ha registrato 42,30 km, il “Garmin Forerunner 310XT” del mio amico (anch’esso aggiornato all’ultima versione disponibile e impostato in modalità registrazione “al secondo”) quasi 42,90 km, mentre il più recente (e attuale top di gamma della categoria Forerunner!) “Garmin Forerunner 620”, esattamente 42,51 km!
Sono molto curioso di testarlo in pista, il vero tallone d’Achille di tutti i GPS…

SCARICO DATI, SOFTWARE E TOMTOM APP

C’è una base di ricarica che si collega via USB al computer. Il software installato si occupa di scaricare i dati sul computer ed eventualmente caricarli automaticamente sul sito “TomTom MySports” e su altri siti (per ora “MapMyFitness”, “RunKeeper”, “Strava” e “TrainingPeaks”). Molto comoda l’opzione che permette di scaricare in una volta sola e in maniera assolutamente automatica tutti i formati disponibili: csv, fit, gpx, kml, e tcx. Si può anche fare questa operazione direttamente con lo smartphone (via bluetooth), per ora è supportato solo iOS, tra poco lo sarà anche Android.
Il sito “TomTom MySports” permette per ora la visualizzazione di pochissime informazioni, ma gli aggiornamenti sono continui, quindi tra qualche mese la situazione potrebbe essere nettamente diversa. Vale sempre il discorso che il file si può tranquillamente importare in altri programmi o caricare su altre piattaforme online (io uso Strava, qui la recensione).

CONCLUSIONI

Che dire quindi? Sicuramente ha tutti i pregi del “Nike+ Sportwatch GPS” in fatto di precisione, con in più la possibilità di personalizzare maggiormente l’orologio, le modalità di allenamento e la successiva gestione dei dati sul computer e su Internet (ricordo che il Nike+ “ufficialmente” permette di gestire il dato solo sul sito Nike+!).
Il modello che utilizzo poi, essendo la versione pensata per il triathlon, consente anche di gestire gli allenamenti di nuoto e quelli in bici (ammetto di non aver nemmeno guardato le schermate disponibili…).

L’unico “limite” rispetto ai top di gamma degli altri produttori (ma sembrerebbe che uno dei prossimi aggiornamenti riguarderà proprio questo aspetto) è quello relativo alla programmazione avanzata degli allenamenti, per esempio impostando intervalli di lavoro e/o obiettivi diversi all’interno della stessa seduta. Ma sono dettagli: quello che a mio avviso conta maggiormente è la precisione del GPS, e non c’è dubbio che qui siamo al top!

Gli aggiornamenti del resto sono continui (qui tutti i vari aggiornamenti fatti finora), sia a livello di firmware del dispositivo, che di software sul computer. Da fine marzo è visualizzabile anche il dato relativo alla cadenza (sia il totale dei passi, sia la media al minuto), grazie all’accelerometro inserito nel dispositivo (serve soprattutto per registrare le sedute sul treadmill, la rilevazione della distanza risulta abbastanza precisa dopo la taratura iniziale).

Qui i vari modelli sul sito ufficiale: (169 euro senza fascia cardio, 219 euro con fascia cardio), “GPS TomTom Multisport” (199 euro senza fascia cardio, 249 euro con fascia cardio, 299 euro con anche il sensore di cadenza/velocità per la bici e l’altimetro).
Entrambi disponibili da fine aprile anche in modalità “Cardio”, con il cardiofrequenzimetro integrato nel polso: 269 euro la versione , 299 euro quella Multisport. Una chicca mica da poco!