Dopo l’articolo della scorsa settimana (qui), ecco la prima parte dell’articolo relativo al percorso inverso (dalla maratona alla mezza), stavolta a cura di “Massi Milani”… alla fine trovate le mie considerazioni personali.
“Non esiste una relazione dimostrabile tra il tumore al polmone ed il fumo di sigarette”. E pensare che il più famoso statistico al mondo, inventore di quasi tutte le teorie studiate sui banchi di scuola, negli anni cinquanta voleva convincere il mondo che una correlazione di quel tipo non fosse causale. Fisher lo fece pubblicando le sue teorie su riviste famose come Nature o The British Medical Journal. Il grande genio inglese non negava la relazione statistica tra i due eventi, contestava però che non fossero legati da relazione causa/effetto, citando come paragone l’esempio del legame casuale tra importazione di mele e l’aumento percentuale di matrimoni in Inghilterra. Per la cronaca, proprio settimana scorsa è uscita la versione Kindle del libro “Why” che spiega come pensare in maniera logica alle relazioni causali. Assolutamente consigliato al maratoneta :-)
Non abbiamo ancora veramente affrontato il «dilemma del podista», ma nelle prossime settimane ci arriveremo: ci sono tantissimi argomenti interessanti che meritano di essere affrontati, con rigore, indipendenza e tempestività, le tre principali caratteristiche di tutti i nostri articoli. Se avete corso la maratona di Treviso, oppure pensate di correre una maratona a Marzo, un’idea non troppo balzana potrebbe essere riprendere presto a gareggiare. Assumendo un risultato soddisfacente, in cui la prima e la seconda parte non abbiano una variazione superiore al 2-3 percento, forse varrebbe la pena affrontare una nuova gara nei 30-45 giorni successivi. Abbiamo già descritto come passare sia dalla mezza alla distanza regina, sia come doppiare la maratona (e doppiare la maratona 2.0), ma ci siamo dimenticati di raccontare un’ulteriore possibilità per il podista. Perché al posto di raddoppiare o doppiare, non dimezzare? Per quale ragione rimettersi a correre dopo una maratona? Come farlo? Quanto tempo per prepararsi? Come prepararsi? A che velocità allenarsi e gareggiare? E soprattutto perché è importante conoscere il concetto di correlazione per il podista amatore? Ci sono poche probabilità che questo articolo vi sia utile nei prossimi 20 giorni: la stagione delle maratone non è ancora iniziata fino in fondo. Ma per portarci avanti, abbiamo pubblicato una selezione di consigli per chi, una volta completata una maratona, abbia intenzione di dimezzare la distanza, cercando possibilmente di ottenere un personal best. Lo abbiamo fatto “dimezzando” l’articolo in due parti. Prendere a piccole dosi nozioni noiose e indigeste è sempre stata una strategia vincente all’università.
Ragioni per dimezzare. Lo stato di forma di fine preparazione di una maratona con quattro o cinque mesi di allenamenti intensi è sicuramente superiore a quello antecedente all’inizio degli allenamenti. Anche il completamento di una gara intensa e lunga ha sicuramente migliorato il morale. Questa situazione andrebbe sfruttata al meglio, sempre che la competizione non vi abbia lasciato significativi problemi muscolari. Ma il problema che si pone è che pochissimi vorrebbero impegnarsi ad allenarsi duramente per altri 2 mesi per ottenere un nuovo personale sulla maratona. Dimezzare potrebbe quindi essere una scelta saggia nonché vincente. Ed in tal caso basta davvero molto meno tempo.
Quale obiettivo. Gareggiare senza obiettivo non è la caratteristica di un podista evoluto. Per impostarne un obiettivo sensato (per intenderci, un obiettivo SMART), bisogna pensare non soltanto a come raggiungerlo, ma anche a come impostarlo. Semplificando il ragionamento, ci sono 4 grandezze da considerare, la “media a cui puntare in gara” (l’obiettivo), il “numero di chilometri / carico settimanale”, il “ritmo degli allenamenti”, e la “sequenza di allenamenti” (le ultime tre grandezze aiutano a capire come raggiungerlo). Anche se sembra un ragionamento contorto, la parte più difficile è determinare l’obiettivo, non raggiungerlo, quindi siamo costretti ad aprire una piccola parentesi su come determinare il vostro ritmo base…
Relazione tra Distanze. La fisiologia di corsa ci assicura che esiste una relazione matematica precisa tra distanza e velocità di corsa. Ne parla in maniera dettagliata Jack Daniels in tutte le edizioni dei suoi libri. In sintesi, aumentando la distanza, la velocità diminuisce in maniera proporzionale. Prendendo un amatore che corre la maratona in 3 ore, la riduzione di velocità della mezza è di circa del 5 percento al raddoppio della distanza (maratona). Come al solito un grafico racconta più di mille parole.
Relazione Maratona / Mezza. Ma sulla maratona, gara in cui l’aspetto energetico è molto rilevante, la situazione è più complessa. Pur mangiando poche mele ogni mese, non ho elementi statistici per stabilire se la relazione tra risultato della maratona e quello di una mezza sia correlato.
Con il tempo sono arrivato a concludere che la corrispondenza non sia così precisa. Analiticamente il Fattore Aerobico di Maratona, amichevolmente detto FAM, che misura il rapporto tra il tempo della Maratona e quello della Mezza, ha una variabilità superiore a quella di distanze più basse.
Un professionista riesce ad avere una potenza lipidica elevata che gli consente di correre la maratona ad un passo del 5 percento più basso di quello della mezza, un amatore tra il 10 e il 12 percento, ed un podista tra il 15 ed il 20. Ma analizzando un campione “significativo” ed eterogeneo di iscritti ad una delle società podistiche italiane, si evince che la FAM media sia molto più elevata, indicando una riduzione di velocità media superiore al 20 percento. Detto in termini semplici, molti podisti arrivano alla distanza regina abbastanza impreparati. Questo per dire che il risultato della maratona non necessariamente aiuta a stabilire come correre sulla mezza.
La tecnologia Garmin aiuta a pianificare il ritmo. Ma non dimentichiamoci della tecnologia. In effetti con spirito critico, potremmo farci aiutare dalle ultime innovazioni presenti sul mercato per stabilire il ritmo mezza. Da due anni a questa parte, Garmin ha introdotto una nuova funzionalità, il calcolo del VO2max, o meglio la sua stima VDOT, ai suoi orologi premium (Forerunner 620, , Fenix 3 e Forerunner 920xt) per aiutare i podisti a stabilire il ritmo gara ed a prevedere quale potrebbe essere la performance in gara. Recentemente Garmin ha esteso la stima anche su orologi di gamma Media (Forerunner 230) ed addirittura a quelli a rilevazione ottica (Forerunner 235). Tutti i calcoli sono basati sulla relazione tra consumo di ossigeno alla velocità massima ed il tempo a cui si può correre a tale velocità.
Il calcolo utilizzato da Garmin, basato su un algoritmo proprietario della società FirstBeat, correla il ritmo di corsa alla percentuale della frequenza cardiaca massima e alla frequenza di riserva. Siccome non è sempre possibile correre alla velocità massima ad ogni seduta, gli ingegneri finlandesi hanno utilizzato la nota relazione tra ritmi gara e battito cardiaco. Il metodo è davvero geniale, ma va ricordato che la sua accuratezza è soltanto del 95%. In termini statistici l’errore percentuale medio assoluto (MAPE) è di circa il 5%. Ciò significa che per la maggior parte di podisti, è improbabile trovare una differenza tra il valore di VO2max “reale” e quello “valutato” sia superiore a 3.5 punti di VDOT (è misurata sempre in ml/kg/min). Firstbeat dice che il loro algoritmo è sub-ottimale, ma in realtà funziona davvero bene. E’ vero che 3.5 punti di VO2max sono un’enormità (8-10 secondi a km!), ma le promesse di marketing in questo caso sono davvero solide, e l’errore (soprattutto su distanze inferiori) non è in pratica così rilevante per il podista “normale” ed “evoluto”.
Attenti ai dettagli. L’algoritmo è potente, riesce a gestire ed eliminare situazioni “anormali” durante la corsa, come lo stop al semaforo oppure l’ingresso in galleria, escludendo quindi dati non significativi. Nel documento tecnico Firstbeat si afferma che entro due minuti dalla rilevazione iniziale, il sistema è in grado di valutare il VDOT del 75 percento di podisti. Anche se l’algoritmo non differisce molto da analisi di laboratorio, occorre sempre ricordarsi il detto dello scrittore francese Flaubert che il «diavolo è nel dettaglio».
Bisogna andarci con i piedi di piombo: impostando parametri erronei (esempio: battito massimo più alto o più basso di quello «reale»), la valutazione finale non sarà necessariamente corretta. In termini pratici, se la frequenza cardiaca massima indicata nell’orologio è di 15 battiti superiore a quella “vera”, allora la valutazione sarà sicuramente sbagliata del 7%. Se invece la frequenza massima è di 15 battiti inferiore al dato corretto, allora l’errore aumenta al 9%. Inoltre, la previsione sarà più accurata quanto più breve sarà la distanza da valutare: non vi consigliamo di usarla per valutare il ritmo maratona, soprattutto se la vostra FAM è superiore a 2,15. Infine, pensate a cosa succede se la fascia non stia valutando correttamente il battito (si veda “fascia cardio: problemi e soluzioni”) oppure se il GPS non fornisce una velocità corretta, per qualche strana ragione. In conclusione, non fatevi influenzare soltanto dal marketing, usare la tecnologia consapevolmente è la prima regola del podista evoluto.
Le altre aziende tecnologiche sono un po’ indietro. E se non avete un Garmin? Dopo l’introduzione delle funzionalità VO2max della Garmin, le altre aziende concorrenti non sono rimaste a guardare, ma sono relativamente lontane in termini di sviluppi. Finora soltanto Polar, famosa per le sue competenze cardiache (io utilizzo in allenamento il ricevitore Garmin con ) ha attivato una funzionalità simile sui suoi orologi di punta ( e ), mentre si è focalizzata inizialmente sulle rilevazioni ottiche, trascurando inizialmente algoritmi di valutazione delle performance. Ma con il passaggio dal rilevatore ottico Mio () a LifeQ (), aspettiamoci nel 2016 un nuovo strumento che includa anche la valutazione del VO2max.
E la tabella? Molti secoli fa i cinesi dicevano che “se le montagne verdi saranno conservate nel futuro, non mancherà mai la possibilità di trovare legna da ardere”, basterà attendere 48 ore e vi aiuteremo a pianificare il vostro PB sulla Mezza Maratona.
Alla luce delle considerazioni di “Massi”, la stima dei valori di VO2max e soglia anaerobica è davvero così fondamentale in fase di valutazione della forma? Proprio il termine “stima” ne ridimensiona il peso, rendendo questi dati un qualcosa “in più” da tenere in considerazione, ma senza mai perdere la visione completa del percorso di preparazione che ci porterà a gareggiare!
Alcuni esempi per capire come il dato vada sempre “interpretato”? Il discorso è tutto sommato molto semplice: alcuni fattori non possono per forza di cose entrare nella formula, quindi il risultato finale sarà sempre un’approssimazione, più o meno precisa. Clima, percorso, correre da soli o in compagnia (parlare richiede uno sforzo in più, quindi la frequenza cardiaca sarà sicuramente più alta, a parità di percorso e ritmo!), e come non considerare gli allenamenti precedenti, le ore e la qualità del sonno, il lavoro, le normali variazioni di peso (nella formula del VO2max infatti c’è anche il peso, vedi qui) ecc.
Senza dimenticare che l’organismo umano è un qualcosa in continuo cambiamento: oggi non siamo uguali a ieri e domani saremo ulteriormente diversi. Non stupitevi quindi se in una settimana passate da una stima del VO2max di 59 a una di 64… o viceversa!