Doppiare la maratona si può… 2.0!

Massi a Reggio 2015

Altro giro, altra corsa… e altra maratona! L’avevo già fatto io nel 2011 (Torino in 2h30′ qui e Pisa in 2h29′ qui, esattamente cinque settimane dopo), con in mezzo un paio di articoli dove ragionavo sul da farsi prima (qui), e dove decidevo di “doppiare” poi (qui). Esperienza poi replicata nel 2012, ma in modalità diversa: prima una maratona interpretata veramente come “lunghissimo qualificante” (2h42′ alla “Maratona delle Città del Vino”, qui il risultato, qui invece le “intenzioni” della vigilia), poi tre settimane dopo la “Lucca Marathon” (2h32′ sotto il diluvio, qui).

Massi a Reggio 2015Ecco quindi il resoconto di “Massi” Milani, un’ulteriore conferma al fatto che se si esce bene (sia di fisico che di testa!) da una maratona (PB di 2h37′ a Verona…) e soprattutto NON si esagera negli allenamenti delle successive due/tre settimane (più la gara è lunga e tirata, più il recupero deve essere lungo!), ecco che la maratona successiva può riservare sorprese positive, soprattutto se ci si trattiene nella prima metà…

“Non preoccuparti di procedere lentamente, ma stai attento a non stare fermo”. Come ho più volte evidenziato, i proverbi cinesi possono fornire un’ottima chiave di lettura a noi podisti amatori. Dopo le grosse soddisfazioni di Verona, precedute da mesi di sacrifici ed allenamenti costanti, la mia mente aveva sentito il bisogno di staccare. Ma restando la corsa una parte importante della mia “wellness“, dovevo anche capire come comportarmi nei giorni successivi alla maratona che mi ha dato maggiori soddisfazioni nel 2015. Vista la vicinanza al Natale, ho pensato di condividere il mio pensiero sull’argomento con i lettori di TheRunningPitt.

Cosa fare dopo una maratona? Come affrontare gli allenamenti? Quando riprendere a correre? Come riprendere? Quali rischi d’infortunio si possono “correre” se si esagera?

Scheda post-maratonaMi sarei posto domande del genere, se fossi un neofita e se non disponessi di una “discreta” biblioteca di podismo. La lettura di alcuni libri di fisiologia di corsa mi hanno aiutato ad impostare il recupero post-maratona dopo il Personal Best. La teoria è abbastanza chiara, se dovessi sintetizzarne i principi di base, il proverbio cinese sarebbe perfetto per ricordare che non vale la pena esagerare: stranamente anch’io ho seguito una tabella conservativa culminata con un lungo lento 4 settimane dalla maratona di Verona. L’impostazione del ragionamento era basato su un concetto di rischio/rendimento: non avevo nulla da guadagnare nel cercare di tornare in forma rapidamente correndo allenamenti di qualità, mentre il rischio d’infortunio o di ricaduta dal problema ai muscoli ischiocrurali era decisamente alto. Per queste ragioni, mi sono preso una pausa di 28 giorni dalla corsa, limitandomi invece ad uscite blande, come se non dovessi gareggiare per i prossimi 5 mesi. Ho schematizzato una tabella di sintesi che potesse al tempo stesso farmi sentire bene fisicamente ed inoltre garantirmi un rischio veramente minimo d’infortunio. Mi sono infine assicurato di non superare il 76% della “frequenza cardiaca di riserva”, consentendo quindi che il recupero fosse totale dopo poche settimane. Al tempo stesso, ho pianificato che l’incremento di chilometri settimanale fosse graduale ma di crescita costante.

Con queste tre accortezze, dopo 4 settimane da Verona ero sia mentalmente rigenerato sia muscolarmente fresco, sebbene non avessi corso sotto i 4 minuti a km. Ma all’inizio della pianificazione non ricordavo che il “lungo lento” coincidesse con la ventesima edizione della maratona di Reggio Emilia… E avendo letto sia il capitolo 13 di Pfizinger sia i diversi post di questo sito dedicati a come correre velocemente più maratone in un breve arco di tempo, mi ero reso conto che l’unico modo d’impostare la gara fosse quello di pensare a Reggio come un lungo lento preparatorio al mio unico obiettivo 2016 (la maratona “di casa”, Anversa).

Analisi battitiEd in effetti, per i primi 3 minuti di gara mi ero convinto che non avrei sofferto nemmeno un secondo durante i 42km, ma due eventi mi hanno scombussolato i piani iniziali. L’incontro con Michele che mi ha raggiunto al primo chilometro (“ma tu scrivi sul sito di Pitt?”, “riesci a starmi dietro?”) e la sua crisi alla salita del venticinquesimo km mi hanno, da un lato catapultato verso ritmi più rapidi del previsto, sebbene non impossibili (passaggio alla mezza in 1h20’43”) e dall’altro spinto a raggiungere chi mi precedeva, conscio di aver tenuto battiti inconsuetamente bassi per i miei standard. Cercando di non correre da solo, ho leggermente accelerato la falcata (ora sapientemente misurata in maniera istantanea dalle nuove dinamiche di corsa, generazione 2, dal Garmin Forerunner 920xt): in pochi minuti mi è stato relativamente facile raggiungere e superare una dozzina di atleti che mi precedevano.

Analisi falcataEd al trentaduesimo chilometro, complici le discese che mi riportavano in centro, ho accelerato per poter nuovamente scendere sotto le 2h40. Obiettivo che si è concretizzato a pochi chilometri dall’arrivo, anche grazie alla collaborazione del forte atleta Simone Corsini, al debutto in maratona.

Ora mi aspetta qualche giorno di riposo, sperando di dedicarmi alla lettura di nuovi libri di corsa ed alimentazione: l’obiettivo è di leggerne almeno 3, meglio 5, ne parleremo nei prossimi giorni sul sito: almeno sarò impegnato e non potrò correre più di tanto. Ma magari la lettura mi spingerà a seguire nuove teorie e forse a correre in maniera più intelligente, diminuendo lo sforzo ma massimizzando il risultato.

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