Correre nel deserto

Correre nel deserto

Due giorni fa abbiamo pubblicato l’articolo con l’elenco delle novità che abbiamo intenzione di introdurre nel prossimo futuro, non perdiamo quindi altro tempo e partiamo subito con una di queste: ecco il primo articolo di Massimiliano Doria… e occhio ai serpenti! ;-)

Ci sono due grandi miti da sfatare relativi ai viaggi di lavoro:

1) sono divertenti: non lo sono, fidatevi;
2) non ci si può allenare.

Mentre il primo è di immediata comprensione per ogni trasfertista e in conflitto con l’idea che ogni nostro amico abbia, per il secondo punto vedremo di approfondire durante questo post.

Running in Kalahari, il racconto

Correre nel desertoNamibia, zinco, miniera. Tre parole che descrivono immediatamente destinazione e ragione della mia visita nello splendido paese africano e che fanno intuire quanto sperduta possa essere la mia posizione.
Nonostante questo, facendo la corsa parte della mia routine psico-fisica, ho dovuto trovare il modo di potermi allenare, anche se in condizioni un po’ estreme.

Per analogia con l’introduzione ragioniamo per punti e le difficoltà principali per smentire il secondo assioma sono:

a) sono nel Kalahari, probabilmente una delle zone più inospitali del mondo;
b) le giornate sono corte, andiamo verso l’inverno, il sole tramonta verso le 17;
c) la corrente elettrica è riservata solo a poche case, quindi tutto il resto è buio pesto;
d) non ho comprato una torcia a led da running (… e ne ho pure vista una molto valida… mea culpa);
e) è pieno di serpenti letali;
f) Siamo a 1.400 metri d’altitudine;
g) il territorio è estremamente ondulato.

A mio favore ho avuto invece un unico, spettacolare e inaspettato regalo:

h) la luna piena

Il mio mantra è di non preoccuparmi di quello che non posso controllare, sicché ho avuto nulla a cui pensare tranne che alzarmi alle 5:45 e andare a correre col chiaro di luna. L’alba era intorno alle 6:15, quindi potevo quanto meno uscire a cuor leggero, sapendo che la seconda parte dell’allenamento sarebbe stata più luminosa.

Running in Kalahari, la luna e le stelle

Correre nel desertoCercando mentalmente di ripassare le nozioni apprese da Piero Angela, mi convinco fermamente che i serpenti, col fresco della notte (siamo a circa dodici gradi), sono dormienti e poco reattivi (nozione che verrà poi smentita, quanto meno riguardo al mortale Puff Adder) ed esco dall’alloggio nella luce argentea del mattino.
Conscio di tutti i limiti, in primis i miei fisici e poi quelli legati alla posizione geografica, mi metto a un passo facile e inizio la prima salita che mi porta fuori dal villaggio di Aus. Il panorama è mozzafiato, rocce illuminate dalla luna e la luce dell’alba che inizia a rischiarare le creste a oriente. La croce del sud spicca nella volta celeste e i miei passi scandiscono quella che è l’unica colonna sonora udibile per miglia: la mia cadenza.

Il primo chilometro è asfaltato e prendo piano piano il ritmo, svegliando i muscoli e i tendini indolenziti anche dal viaggio molto molto lungo del giorno precedente.

Alla mia destra la luna è quasi totalmente piena e splende. Non mi ricordavo, o forse non ho mai saputo, quanto fosse forte la sua luce. È l’unica sorgente luminosa a rischiarare la distesa immensa che mi si apre davanti.

Running in Kalahari, al galoppo

Correre nel desertoFinalmente un po’ di discesa. Ma i miei battiti non scendono, nonostante il mio fenix 3 (al mio polso grazie alla splendida recensione di Massi) sia allacciato in stile “laccio emostatico”… sarà che la quota sale o sarà quel pezzo di legno secco che sembrava un serpente nella scarsa luce…
La discesa prosegue e lo scenario cambia: da rocce a sabbia che si tinge di rosso grazie all’alba nascente. È meraviglioso, alla mia destra la luna sopra le montagne di roccia e a sinistra il sole nascente dalle dune di sabbia.
Mi godo il momento, nulla è importante. Alzo lo sguardo al cielo e ringrazio per essere lì, per poter correre in questo immenso… e mi accorgo di non essere solo.
Sento un rumore… uno scalpiccio… Mi giro, credo che i BPM abbiano raggiunto il massimo storico registrato da qualsiasi dispositivo Garmin, e al mio fianco due cavalli selvaggi corrono liberi. Esperienza magica.
Il sole ormai è abbastanza alto e riesco a godermi la vista della galoppata sul limitare delle dune che mi da la carica per affrontare la salita successiva. Apprenderò poi che, oltre a struzzi, oryx, gazzelle e kudu, anche i cavalli selvaggi sono ancora presenti in questa zona del deserto: fatto che mi sorprende e che mi affascina.

Running in Kalahari, ritorno ad Aus

Correre nel desertoSiamo al decimo chilometro e ritrovo il bivio che segna l’ingresso ad Aus da nord, dopo un loop poligonale dal cui segmento molto difficilmente verrò spodestato dalla prima posizione. L’ingresso nel villaggio è in discesa e ringrazio Dio, che si palesa ai miei occhi con la vista del campanile in legno della micro-chiesa.
Arrivo alla guest-house, premo stop e, alla fine, mi rendo conto che non è andata così male. E soprattutto si è appurato che:

a) il Kalahari è inospitale, ma anche pieno di sensazioni uniche;
b) & c) il problema buio è stato superato: complice la luna e un’alba repentina la luce è stata sufficiente;
d) le torce a led le comprerò, ho imparato;
e) i serpenti ci sono, li ho visti ma, prestando la dovuta precauzione, non sono morto;
f) per il fattore altitudine basta non guardare il passo sul GPS, ma il panorama;
g) riguardo ai ripidi pendii vedi sopra e tieni a mente che, dopo la salita, c’è la discesa.

Insomma, come volevasi dimostrare, si evince che con la giusta passione, spirito di adattamento e sane precauzioni, ogni cosa è possibile, soprattutto se consideriamo l’ultimo punto:

h) la luna piena: Audentes Fortuna iuvat (leggasi “culo”)

Conclusioni e approfondimenti

Ho messo un po’ sul ridere questo racconto, ma vi assicuro che è stata un’esperienza memorabile. Difficilmente mi capiterà di sentirmi ancora così completo, grato e felice di poter correre in quello che al momento posso definire come il luogo più meraviglioso e selvaggio in cui mi sia mai trovato.
Poter spaziare tutto l’orizzonte non vedendo alcun tipo di prova dell’esistenza umana, è stato per me davvero sconvolgente. Ci si sente soli, vulnerabili (vi assicuro che la paura dei serpenti era autentica), ma anche così fortunati di poter, per una volta, essere in così delicato e intimo contatto con la natura grazie allo sport che amiamo.

Per approfondimenti:
– la guida Lonely Planet della Namibia, per pianificare il viaggio nel deserto
– la recensione del Garmin fenix 3
– una potente lampada frontale che mancava per correre nel deserto

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