Perché associare la maratona al fallimento? Le riflessioni che seguono nascono nella settimana che ha preceduto la maratona del Riso, corsa a Santhià il primo Maggio 2019. Nonostante mi sia regalato la soddisfazione di tagliare il traguardo come ottavo assoluto, la maratona non è andata cronometricamente come speravo. L’obiettivo era terminarla con un tempo compreso tra le 2h52 e le 2h55, mentre ho chiuso in 2h58:29. Sono soddisfatto della mia gara ed ho vissuto una bellissima esperienza, che mi renderà un uomo più completo. Dall’altra parte, se concentro la mia attenzione al tempo cronometrico, posso dire di aver «fallito.»
Questo articolo prende spunto dai pensieri inerenti il fallimento nelle fasi che precedono una maratona.
Maratona e Fallimento: Maratona sport per adultiLa maggior parte dei testi specialistici tende a far coincidere l’ingresso nel mondo adulto, e la conseguente fine della fase adolescenziale, con l’uscita dal nucleo genitoriale, ovvero quando un individuo decide, e può permettersi, di andare a vivere da solo. Stando alle ultime statistiche, in Italia questo passaggio, mediamente, avviene circa a 30 anni. Se osserviamo i volti alla partenza di una maratona, con buona certezza, possiamo affermare che abbiamo a che fare con una disciplina decisamente “adulta”. Solo una modesta percentuale di maratoneti sono più giovani della trentina (circa il 10% alla ultima Generali Milano Marathon).
Cosa significa però diventare “adulti”? Se tralasciamo il valore simbolico connesso all’«adultità» e ci concentriamo esclusivamente sull’aspetto concreto, diventare grandi significa avere un lavoro, con scadenze e responsabilità. Significa avere la necessità di percepire uno stipendio con cui pagare affitto, bollette, auto e permettersi una vita dignitosa. Spesso implica la gestione di impegni di vita e di coppia, famigliari, la nascita e l’educazione di uno o più figli.
Rimanendo sull’aspetto puramente materiale, diventare “adulti” significa avere poco tempo da dedicare a sé e alle proprie passioni. Credo questo sia un dato su cui riflettere. Come mai? Perché preparare una maratona richiede tempo e prepararla bene significa dedicargliene molto, all’interno di una fase di vita in cui il tempo è una risorsa scarsa.
Preparare una maratona in età adulta
Chiunque abbia corso i 42,195km, anche una sola volta nella vita, sa benissimo di cosa sto parlando. Pensare di presentarsi alla partenza senza avere almeno 3 allenamenti settimanali e qualche lungo nelle gambe non è la cosa più saggia da fare. Se invece decidessimo di affrontarla con piglio competitivo necessiteremmo invece di 5 allenamenti a settimana e qualche lungo in più. Volessimo invece puntare a massimizzare le nostre prestazioni dovremmo passare ad allenamenti giornalieri, una modificazione dello stile di vita e un’alimentazione mirata. Affrontarla da élite o da professionista apre addirittura a strutturare sessioni bi-giornaliere e un’attenzione a 360° a tutti gli aspetti di vita.
Insomma, preparare una maratona necessita tempo, richiede sacrifici a noi e a i nostri affetti. Sacrifici continuativi per almeno 2/4 mesi di tempo. Per quanto le passioni ci rendano vivi e necessitano quindi di far parte della nostra vita, non è semplice riuscire ad incastrarle nel tempo adulto, ovvero in una vita densa di impegni e responsabilità. Consideriamo poi che più le nostre aspettative sportive saranno elevate, più difficile sarà riuscire in questa impresa da equilibrista.
Pensieri di corsa
Vi confesso che spesso durante gli allenamenti mi trovo a domandarmi se riuscirò a preparare nuovamente una maratona come desidero o se i cambiamenti di vita e lavoro lo renderanno sempre più difficile. Viviamo in un periodo storico in cui i mutamenti sono repentini, profondi e strutturali. Tutto muta estremamente velocemente e così accade anche nelle nostre vite.
Sono un libero professionista e spesso non ho idea della mole lavorativa che dovrò fronteggiare nel mese successivo. Dopo diversi anni, avendo delle collaborazioni continuative posso prevederla, certo, ma solo in parte. Inoltre, la mia vita relazionale ha subito dei cambiamenti nell’ultimo anno e credo ancora ne subirà. Nulla di così strano, tutto in linea con l’età adulta. Questo vale per me, come vale per molti. Questo però mi porta a riflettere sul fatto che ogni maratona che preparo con dedizione potrebbe essere l’ultima, perchè le condizioni di contesto intorno a me potrebbero modificarsi.
Il coefficiente di fallimento
Parliamoci con sincerità, io, come molti di voi che state leggendo questo articolo, non siamo più giovani. Cerchiamo di mantenerci giovani, ma non lo siamo più. In fondo le nostre performance atletiche non sono solo una corsa contro il cronometro, ma anche con l’età biologica ed il decadimento associato all’età.
Per questo mi domando spesso quante maratone riuscirò a preparare come piace a me e quante saranno quelle necessarie per acquisire la giusta esperienza in gara e il giusto adattamento lipidico. Questo domande aprono ad una riflessione associata ad ogni sport praticato in una fase di vita adulta: il coefficiente di fallimento, ovvero quante possibilità abbiamo di fallire se rapportate al tempo a nostra disposizione.
Mi spiego meglio. Un uomo A di 35 anni prossimo al matrimonio, con l’idea di costruire una famiglia allargata, e con la possibilità di crescere professionalmente ha un coefficiente di fallimento molto più alto rispetto ad un uomo B di 35 anni già sposato, con figli, e con una posizione lavorativa stabile. Se la maratona preparata dall’uomo A non dovesse andare secondo le previsioni sarà più difficile riprovarci rispetto a quanto accadrebbe all’uomo B.
Credo maggiori siano i cambiamenti prevedibili nel futuro a breve termine, maggiore sarà il coefficiente di fallimento, perchè minore sarà la possibilità o probabilità di allenarsi con la stessa intensità e costanza.
Alcuni esempi
Cosi accade anche per il lavoro. Trovare un lavoro insoddisfacente a 20 anni ha un coefficiente di fallimento molto più basso di quanto accadrebbe a 40. Così accade anche nella vita di coppia. Investire in una relazione a 20 anni ha un coefficiente di fallimento molto più basso di quanto accadrebbe a 40.
Così accade anche nella nostra vita sportiva. Più la nostra vita potrebbe cambiare, minori saranno le possibilità di preparare nuovamente una competizione con attenzione, più questo accade in una fase adulta della vita minori saranno le possibilità di trarre soddisfazioni da una preparazione mirata. Tutto questo impatta negativamente sul coefficiente di fallimento.
Maratona e coefficiente di fallimento
Emerge con evidenza come più alto è il coefficiente di fallimento maggiori saranno le aspettative riposte nella gara da svolgere e maggiore sarà di conseguenza la tensione da sopportare. Purtroppo gestire lo stress derivante da un alto coefficiente di fallimento in modo positivo non è per tutti (Per avere una più chiara visione di tale fenomeno, vi invito a leggere questo articolo).
In linea generale credo sia importante delineare quantitativamente quanto sia alto il coefficiente di fallimento. Pianificare una competizione in una fase di vita in cui il livello è elevato potrebbe essere un rischio, mentre forse sarà più semplice ottenere delle soddisfazioni in un periodo in cui il coefficiente di fallimento sia basso.
Come spesso dico, però, la psicologia è la scienza del “dipende”. Nel caso siate un motore mentale a Diesel quanto appena detto non vale. Un un alto tasso di fallimento potrebbe diventare un importante carburante mentale e stimolarvi per creare il giusto Mindset per affrontare allenamenti e gara.
Come sempre, buone corse!