La definizione corretta degli obiettivi per la maratona è fondamentale per poter gareggiare al meglio. Senza la pretesa di essere completi ed esaurienti, vediamo come il nostro Psicologo e forte maratoneta Cesare Picco ha analizzato il problema e trovato una valida soluzione. Per dovere di cronaca, Cesare ha concluso la maratona in 2h59:22.
Definizione degli obiettivi in maratona
Domenica 7 Aprile 2019 ho allacciato le scarpe per correre la mia terza maratona. Città prescelta? Milano. L’idea era di affrontarla come allenamento, per prepararmi al meglio per Santhià che si svolgerà il primo Maggio. Perché scegliere come gara obiettivo una manifestazione a bassa affluenza e non una delle principali gare nazionali?
Ovviamente le ragioni di base riguardano una logica di pianificazione degli allenamenti e di costruzione di una condizione di forma soddisfacente, ma la scelta della gara verso la quale indirizzare le proprie aspettative è legata anche alla competenza nel saper definire i nostri obiettivi, alla conoscenza di sé, dei nostri limiti, delle nostre potenzialità e delle situazioni in grado di sfruttarle al meglio.
Credo innanzitutto sia importante conoscere le due grosse categorie in cui gli obiettivi sportivi possono essere suddivisi:
- Obiettivi di processo;
- Obiettivi di performance.
Obiettivi di processo
Per un maratoneta un obiettivo di processo può essere chiudere il percorso in un dato tempo (es: 3h30), senza curarsi della posizione nella classifica finale. Il tempo al traguardo è in parte sotto il controllo dell’atleta e della sua gestione di corsa, mentre la posizione in classifica dipenderà principalmente dal livello degli atleti presenti e soprattutto dalla numerosità degli atleti alla partenza.
Obiettivi di performance
Ciò che viene messo in risalto sarà la posizione in classifica, la vittoria o la sconfitta. Grande importanza riveste il confronto con gli avversari e l’essere stato capace di arrivare prima o dopo un concorrente diretto.
L’obiettivo di risultato avendo a che fare con la valutazione della performance, attraverso la classifica, potrebbe portare l’atleta considerato in precedenza a sperimentare vissuti di fallimento, nonostante il tempo realizzato sia un tempo di ottimo livello.
Obiettivi e Maratona di Milano
La maratona di Milano è una manifestazione nella quale gli obiettivi di performance sono aleatori, a meno di essere un Top Runner. Nel 2019 i partenti sono stati quasi 6500. Correre per entrare nella prima metà della classifica, nel primo 25% o 10% non è per me sufficientemente sfidante. Correre per gareggiare farebbe invece di me un illuso o, nella migliore delle ipotesi, un sognatore.
Ben più funzionale sarebbe optare per un obiettivo di processo, magari sfidante come il raggiungimento di un risultato cronometrico, ma non legato alla performance. In questo caso le condizioni di corsa sono le migliori, soprattutto per la presenza di numerosi Pacer, anche di molto sotto le 3 h.
Scelta degli obiettivi
Come accennavo nelle prime righe di questo articolo, ho scelto di utilizzare la Maratona di Milano come un allenamento, perché mi conosco e so di essere un podista con una predilezione per gli obiettivi di performance.
Su quali basi posso fare tale affermazione? So che se desidero utilizzare tutte le energie a mia disposizione, fino a fruire anche di quanto contenuto nel serbatoio di riserva, affrontando di petto la sofferenza degli ultimi chilometri, stringendo i denti per ottenere il miglior risultato possibile, io ho bisogno di sentire la competizione. Non parlo di competizione con me stesso, ma di aver la percezione di star battagliando con gli avversari di giornata.
In tutta la mia vita sportiva, sono sempre stato un agonista. So di essere un agonista. Se ho la percezione di stare battagliando per una posizione che vivo come desiderabile riesco sempre a dare qualcosa in più, mentre se faccio sport gareggiando contro me stesso tendo a non dare il massimo.
Ad esempio, alla Generali Milano Marathon dal 15-esimo al 30-esimo km mi sono posizionato in un gruppo nutrito che viaggiava a 4’05 al km. Mi sentivo scalpitare. Per evitare di incorrere in capitomboli mi posizionavo nella prima fila, perché quando mi inserivo a centro gruppo rischiavo continuamente di inciampare in chi mi precedeva (vedendo qualcuno davanti, quasi inconsapevolmente avevo la tendenza ad accelerare).
Obiettivi e loro riscontro pratico
Posso concludere che avevo energie a sufficienza per lasciare questo gruppo alle spalle e procedere in solitaria? No, non credo. Semplicemente sono un agonista. Il mio cardio-frequenzimetro confermava la mia ipotesi. Quando mi posizionavo in testa al gruppo il mio cuore scendeva di 3-4 battiti. Se mi lasciavo sfilare e mi collocavo nelle retrovie, ben riparato, il cuore lavorava a maggior regime e constatavo come la mia mente iniziasse a pensare, sprecando energie in un’attività non efficiente.
Sono addirittura convinto che se avessi continuato con questo gruppo, per ancora qualche chilometro mi sarei infranto sul muro, dovendo affrontare indicibili sofferenze. Per questa ragione ho deciso di sollevare il piede dall’acceleratore e chiudere gli ultimi 12 km in recupero, senza sperimentare la fantomatica crisi e creando così un ricordo di una maratona chiusa con la sensazione di poter aumentare.