Nike Free 5.0 iD “Pitt Edition”

Nike Free 5.0 Pitt Edition

Lo ammetto: sono uno “shoes addicted”! Da adolescente salvavo le varie edizioni delle Nike Air Jordan (avute tutte dalla versione 5 alla versione 16, varianti playoff incluse), alternandole ad altri modelli Nike, e a fine “carriera” anche alle And1. Mania che si è poi diffusa anche alla parte non sportiva (sneakers in primis, quindi Momo Design, Munich, New Balance, Nike, Pirelli… insomma malato vero!) e ovviamente proseguita con l’ingresso nel mondo della corsa. Appena esce un nuovo modello, provo un’irrefrenabile voglia di provarlo e acquistarlo…

Così è stato per le primissime Nike Free. Acquistate nel 2005, anticipavano alla grande la “moda” degli ultimi anni di un ritorno al minimalismo (anche se a detta degli esperti, sembrerebbe già sul punto di finire…): suola flessibilissima e sottile che asseconda il movimento del piede grazie ai tanti tasselli separati, dislivello minimo per una camminata o corsa (solo per chi se la può permettere!) quasi a piedi nudi. Nella scatola c’erano addirittura due solette, una più spessa e una più sottile a seconda delle esigenze.
Nel 2007 ho doppiato, con la suola in versione “7.0” e la tomaia da training con una fascia in velcro sull’avanpiede per aumentarne la stabilità.

Quindi, per inaugurare il nuovo blog, cosa c’è di meglio di un nuovo paio di scarpe, magari personalizzate?
Ed ecco quindi le Nike Free 5.0 iD “Pitt Edition”!!!

Nike Free 5.0 Pitt Edition

– “5.0” sta per il tipo di suola: più il numero è basso, più la flessibilità è maggiore e il dislivello tacco-punta minore. Le “3.0” hanno un dislivello di 4 mm, le “4.0” di 6 mm, le “5.0” di 8 mm…
Anche la tomaia varia a seconda della versione. Più il numero è basso e più assomiglia a una calza.

– “iD” sta invece per “individually Designed”, praticamente una droga per un malato di scarpe! Sezione introdotta dalla Nike a inizio millennio, con i primissimi modelli permetteva di personalizzare solo poche componenti della scarpa. Ora il problema semmai è il contrario: si può scegliere tutto e le combinazioni sono miliardi!

Per chi si vuole avventurare nei calcoli, le personalizzazioni possibili (per il modello “Free 5.0 iD”) sono tomaia (16 colori), dynamic flywire (11 colori), rivestimento (18 colori), swoosh (19 colori), fodera (18 colori), lacci (19 colori), intersuola (8 colori), lato superiore intersuola (18 colori), iD (massimo 6 caratteri per scarpa) o scritta NIKE sulla linguetta (16 colori in entrambi i casi). Chi mi dice quante sono lo combinazioni possibili (io il calcolo l’ho fatto)?

Problema 1: con tutte queste possibilità, il rischio di creare una scarpa cosiddetta “carnevale” è altissimo;
Problema 2: decidere per una sola combinazione alla fine è un’impresa! Si cambia idea in continuazione alla ricerca della “propria” scarpa ideale.

Quindi ecco le mie: quattro colori (acciaio, bianco, giallo elettrico e pepe), ogni colore è applicato a due componenti tranne l’acciaio, presente in tre. L’iD sulle linguette? RUN sulla destra e PITT sulla sinistra!

Difficile trovarne un altro paio uguale, anche perché ho appena notato che il colore acciaio non è più disponibile… ;-)

Questo per quanto riguarda gli occhi (piacciono?), ma per i piedi? Beh, c’è poco da dire: praticamente delle pantofole! Perfette come scarpe da recupero dopo la corsa, risultano ottime soprattutto se si devono calzare per tante ore (sono quindi l’ideale sul posto di lavoro, ovviamente se non si hanno problemi di “dress code”). Sono così leggere e flessibili che seguono il piede in tutti i suoi movimenti, una sorta di ginnastica per quei muscoli poco abituati a lavorare, magari bloccati da calzature rigide e poco “naturali”. Non bisogna dimenticare che alla nascita siamo scalzi…

E per correre? Qui al contrario bisogna andarci coi piedi di piombo! Se da una parte è vero che siamo nati scalzi e quindi la corsa a piedi nudi è nel nostro DNA, dall’altra non bisogna dimenticare che dopo anni e anni di scarpe il nostro corpo si è abituato a muovere in un certo modo (appunto con le scarpe ai piedi, spesso con forme poco adatte alle nostre delicate estremità). Se si vuole provare, meglio partire molto gradualmente: prima qualche centinaio di metri, poi un chilometro, poi due, che possono diventare tre dopo alcune settimane, insomma l’idea è quella di aumentare la distanza e la durata totale con calma, continuando con le solite scarpe per gli allenamenti normali.
Dove invece secondo me si possono utilizzare da subito è durante gli esercizi per i piedi (le cosiddette andature), meglio se su fondo morbido. In quel caso, più il piede è libero di muoversi e meglio è!

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