Maratona e Psicologia, debutto in maratona a Vercelli



Dopo aver corso la Mezza Maratona di Novara, e scritto il libro Stress e Performance atletica, Cesare Picco si è cimentato nella gara più importante dal punto di vista fisico e mentale. Vediamo come si possono coniugare Maratona e Psicologia, nel racconto del nostro bravo psicologo e collaboratore del blog.
Nota del redattore: Cesare sta realizzando una ricerca su Maratona e atteggiamenti mentali, se non l’avete ancora fatto, vi suggeriamo di completare il questionario di 15 minuti.

Uno psicologo in corsa: la mia prima maratona

Torniamo indietro di qualche mese. Siamo a Settembre 2017. Il lavoro mi lascia meno tempo libero e la bici diventa un lusso. Decido di passare alle scarpette da corsa in modo continuativo (in passato mi capitava di correre solo saltuariamente). Contemporaneamente la mia compagna parte per prendere parte a una formazione in California della durata di due mesi.

Mi passa per la mente il desiderio di mettermi alla prova e di associare all’inizio della mia carriera podistica anche un piglio competitivo. Mi alleno per un paio di mesi con obiettivo la mezza di Milano. Il risultato è superiore alle mie aspettative (1h23’19”). Opto quindi per continuare la preparazione, direzione Vittuone a metà febbraio. Purtroppo mi scopro scarico di testa (il mio motore mentale è a Gas e do il meglio di me quando gli stimoli stressanti sono lievi e brevi) e decido quindi di competere a Novara a inizio Febbraio, una decina di giorni prima di quanto preventivato. Chiudo in 1h21’34”, miglioro ma sono consapevole della necessità di tirare il fiato fisicamente e mentalmente.

So che per ottenere il meglio da me stesso e per sperimentare uno stato di benessere ho bisogno di essere rilassato. Decido quindi di mettere da parte obiettivi sportivi (per me fonte di stress) e di correre solo per piacere. Inizio procedendo unicamente a ritmi blandi, senza nessuna variazione. Sento tornare lentamente le energie mentali, progressivamente vedo aumentare i chilometraggi e nasce in me l’idea di sperimentarmi in una maratona. Ricontatto il coach Stefano Ruzza e ci diamo due mesi per prepararla al meglio. Il mese di rigenerazione è stato salutare e sento nuovamente di aver fame e di essere disponibile a soffrire in allenamento.

Maratona, scelta della gara

Maggio è il mese in cui mi confronto tradizionalmente con un picco lavorativo. So che non potrò cercare gare successive a questo mese. Inoltre le condizioni climatiche potrebbero divenire avverse con un possibile aumento della temperatura. Dall’altra parte siamo a inizio Marzo e per preparare una maratona serve tempo. Opto per cercare una gara tra fine Aprile e inizio Maggio.

Non avendo mai corso una maratona esiste la possibilità di partire nelle retrovie se scegliessi una gara con le griglie di partenza. In considerazione di queste variabili la mia decisione cade sulla maratona di Santhià nel vercellese.

La gara si terrà il 1° Maggio, non è molto partecipata (da 300 a 400 podisti) quindi gruppo compatto in partenza e con un livello atletico non di primo piano. Sento che è la manifestazione perfetta per iniziare.

Definizione degli obiettivi

Definire un obiettivo non avendo un precedente riferimento non è stato semplice. Per questa ragione mi sono fidato del parere del Coach e della sua esperienza. Insieme abbiamo deciso di non essere troppo esigenti e di stilare una meta raggiungibile, soprattutto non sapendo come il mio corpo avrebbe recepito allenamenti di endurance e come avrebbe affrontato l’ultima parte di gara.

Come spesso consiglio trovo utile definire tre diversi obiettivi: 1) un tempo minimo in cui sperimentare soddisfazione; 2) un tempo sfidante, ma raggiungibile; 3) un tempo molto sfidante e raggiungibile solo in condizioni ottimali.

La decisione è la seguente:

  • 3h00′
  • 2h56′
  • 2h52′

La strategia di corsa

Anche in questo caso, non avendo esperienze precedenti mi sono fidato completamente del parere del coach. L’idea era di partire con gioco e un po’ sotto ritmo per i primi 27 km, tenendo un passo sui 4’14” al km e di aumentare negli ultimi 15 godendo anche della spinta legata alla percezione di “averne”.

So che questa può non essere la strategia migliore per ottimizzare il risultato, ma per la prima maratona sembrava perfetta, minimizzando il rischio di saltare.

Il pre-gara

I giorni che precedono la maratona sono molto caldi e sento la fatica del corpo in questo processo di adattamento climatico. Sono inoltre giorni molto densi a livello lavorativo e lo stress è palpabile. I dubbi sulla condizione e l’inesperienza ne aumentano il livello

Forse per queste ragioni digerisco male l’ultimo allenamento a 2 giorni dalla gara. Quattro serie di ripetute da 2 km a ritmo maratona o leggermente sotto. Un allenamento molto semplice, da cui esco però con gambe di legno, che mi accompagneranno fino alla sera prima della maratona.

Pensavo di aver compromesso due mesi di duro lavoro, ma la prendo con filosofia. Cercherò di fare il massimo e di godermi l’esperienza.

Alla partenza

So di non essere al 100%. Da una parte mi spiace non poter massimizzare il risultato, ma dall’altra mi aiuta a smorzare le aspettative verso me stesso.

Sia durante il riscaldamento, che sulla linea di partenza, mi scopro felice. Voglio essere dove sono e sorrido sapendo che sto per iniziare un’avventura di 42 km e di circa tre ore.

I primi 10 km

Come immaginato le gambe non girano al meglio, sudo molto e la percezione di fatica arriva da subito. Mentalmente, però, sono fresco e in controllo, decido di bere molto e bagnarmi il più possibile. Quasi subito è presente un ristoro, prendo un bicchiere d’acqua e me lo rovescio addosso.

Sento di aver fatto la scelta giusta e sperimento un senso di benessere. Ora l’obiettivo è mantenerlo il più possibile.

Il cielo è nuvoloso, ma luminoso. Incollo la mia attenzione alle nubi, ai loro movimenti e seguo il volo degli uccelli. Poco prima del 5° km inizio a correre da solo. Guardare il cielo è bello, ma può essere pericolo se fatto in gruppo. Fino al 10° km non mi accorgo nemmeno di essere in corsa. Mi sento steso su un prato a godermi il panorama.

La fatica è scomparsa e non mi curo molto del mio passo, che comunque è in linea a quanto deciso.

Dal km 10 al km 21

Dal 10° km non riesco più a dirigere l’attenzione dove vorrei e mi ritrovo in corsa. Sto bene, le sensazioni sono buone, la fatica è poca e mi accorgo di riuscire a recuperare progressivamente 5/6 maratoneti. Ora sono pienamente in gara e sto competendo. Al passaggio della mezza sono in un gruppo di cinque persone e il mio Garmin fa segnare 1h28’09”. Moltiplico per due e so che a questo ritmo potrei chiudere a poco più di 2h56′.

Dal km 21 al km 30

Seppure il coach mi avesse detto di stare buono fino al 27°/30° km, mi lascio prendere. Aumento il passo e lo porto sui 4’05” per un paio di chilometri, ma capisco essere leggermente troppo veloce per la giornata odierna. Calo leggermente seppure scelga un ritmo più veloce dei primi 21 km.

Questo mi permette di superare una persona che vedevo precedentemente in lontananza al 24° km, quando la strada diventa un lungo vialone dove nei due sensi di marcia si incontrano i percorsi tra chi va verso la boa dei 28 km e chi dai 28 km va verso i 32.

Questo tratto mi fornisce una panoramica delle posizioni che mi precedono: i primi tre sono molto distanti, dietro di loro un gruppo nutrito, e da me, non raggiungibile. Sono completamente solo. Ne prendo consapevolezza, non ci sono più maratoneti da raggiungere o superare. Ora la corsa sarà una gara esclusivamente con me stesso.

Dal km 30 al km 40

Passo il 30° km indenne. Sto procedendo bene e mi prefiggo di terminare intorno alle 2h55′. Le energie non sono più numerose come prima, ma sento che ce la posso fare. Questa convinzione mi accompagna fino al 32° km quando sento che qualcosa non va.

Inizio a fare progressivamente più fatica, le gambe sono più pesanti, il mio pensiero non è più lucido come prima. Proprio ora che ho bisogno di pensare lucidamente, non sono più lucido. L’unica cosa che riesco a fare per ingannare la fatica è contare. Conto. Moltiplicazioni, divisioni, addizioni, sottrazioni e proiezioni. Cercavo solamente di spostare la mente dalla fatica, ma senza molto successo.

Il mio GPS era implacabile e mi indicava che stavo viaggiando a circa 4’40” al km, ovvero 30 secondi al km in più del mio passo precedente.

Dal km 40km al km 42

Mi superano alcuni podisti che in precedenza avevo superato. Quei 2 km tra il 22° e il 24° km a 4’05” erano stati un brutto errore, mi ero giocato l’obiettivo delle 2h56”, ma ora dovevo farmi carico del mio errore e portare il mio corpo al 42° km.

Fortunatamente sento le energie tornare. Forse la consapevolezza di poter arrivare al traguardo mi sblocca e torno a girare a circa 4’15” al km. Sentivo di poter aumentare, ma di non voler rischiare ulteriormente.

Sprinto solo sul rettilineo finale. Mentre taglio il traguardo guardo il tempo 2h59’32”. Ce l’ho fatta e sono felice!

Strumenti utilizzati

Scarpe: Kalenji Kiprun Fast

Pantaloncini: Kalenji Kiprun Light

Maglietta: Salomon

Calze: Kalenji light

Polpaccere: Mount Swiss

Orologio: Garmin Forerunner 220

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