Maratoneta. Il cacciatore debole.



Pensieri post maratona

La maratona come spesso accade muove in me una sorta di tensione esistenziale nei giorni che seguono la gara. Mi scopro stanco mentalmente, come alla chiusura di un progetto lavorativo sfidante e al contempo molto esigente. Di contro è generativa, apre in me nuovi pensieri e riflessioni.

La Pescara Marathon

Domenica 20 Ottobre 2019 ho partecipato alla mia quinta maratona. La città prescelta è stata il capoluogo d’Abruzzo, Pescara, con il suo lungomare lineare e il suo sole autunnale. La divisa, come per Milano, è stata quella di Runlife.

Non avevo ambizioni cronometriche particolari. Per me sarebbe consistita in un allenamento funzionale a preparare la maratona di Pisa del 15 Dicembre. Per questa ragione, per la prima volta, ho corso i 42,195 km in costante progressione provando l’emozione di far segnare un Negative Split. Prima metà in circa 1h32 e la seconda in 1h28, per un tempo complessivo di 2h59:47.

Adottando questa condotta di gara, ho scoperto di aver partecipato ad uno sport differente rispetto a quanto fatto nelle manifestazioni precedenti. Stessa distanza, stesso gesto atletico, ma correre una maratona in crescendo o in calando sono sport diversi, che richiedono competenze mentali e personali diverse. Seppure abbia corso sempre per circa 3 ore, nelle mie 5 maratone, l’attività realizzata è stata profondamente differente.

Vita professionale e maratona: linee parallele o divergenti?

Nella vita professionale sono paziente, attendista, stratega, so incassare e difficilmente attacco, coltivo le situazioni sfavorevoli fino al momento in cui le condizioni diventano positive e solo allora compio la mia mossa. Nonostante lavori con le emozioni e le sensazioni, ogni mio comportamento è mediato dalla ragione.

Nello sport sono sempre stato istintivo, impulsivo, in parte sanguigno. Non mi trasformo, mi completo. Per questa ragione mi piace fare sport, trovo una parte di me che non posso sperimentare nella mia vita professionale.

La maratona però poco sorride agli atleti che ascoltano la loro “pancia”, mentre bacia chi sa essere logico e razionale. Potrei essere un buon professionista della maratona (solo per inclinazione mentale), che non sono, mentre mi permetto di essere un modesto amatore.

Questo l’ho compreso grazie alla strategia di gara tenuta a Pescara.

Negative Split

Generalmente l’ottenimento di un lieve Negative Split è sinonimo di una grande condizione e di una gara chiusa al meglio, mentre un marcato Negative Split indica una condotta eccessivamente conservativa nella prima parte, un errore di strategia che non ha permesso di ottimizzare gli sforzi per ottenere il miglior risultato possibile.

Il mio, di Negative Split, era stato deciso a tavolino, mi sono infatti limitato a seguire i consigli del coach Stefano Ruzza. Non dare tutto, per ridurre i tempi di recupero nei giorni seguenti.

Non possiedo competenze da atleta élite e nemmeno da allenatore, non mi avventurerò quindi troppo in territori che poco conosco, mi limiterò soltanto a constatare che questa condotta mi ha permesso di ottenere un tempo in linea a quelli ottenuti nelle maratone precedenti, arrivando però al traguardo con ancora qualche tacca di energia da spendere.

Cosa sto cercando di dire? Probabilmente quando utilizzo il mio “Io lavorativo” in corsa, come ho fatto a Pescara (correre una maratona come allenamento, e per di più con metodo, per me non è e non può essere solo un divertimento, può esserlo, magari, solo in parte) riesco ad essere più adatto alla specialità della maratona. Quando invece mi lascio trasportare dal mio “Io sportivo”, impulsivo, istintivo e sanguigno, probabilmente godrei di maggiori soddisfazioni in sport alternativi.

Conclusioni

Questa mattina, mentre mi recavo al lavoro in macchina, riflettevo sulla corsa di domenica, mettendo a fuoco come il maratoneta sia un “cacciatore debole”. Non sono forza, potenza, esplosività, le doti che gli permettono di catturare la preda. Non è giaguaro che primeggia per velocità, leonessa per ferocia, tigre per imponenza. Non è iena, lui caccia in solitaria. La preda che insegue è l’obiettivo prefissato, il tempo cronometrico sperato. Per ottenerlo necessita di pazienza, calma, strategia, conoscenza di sé, di chi gli sta intorno e dell’ambiente. Serve moderazione.

Mi piace pensare al maratoneta come ad un “cacciatore debole”, perché oltre ad essere predatore è nel contempo preda. E’ continuamente inseguito dalla fatica, dalla sofferenza, che spesso lo affiancano, lo studiano e lo insidiano. Non riuscire nel suo compito predatorio implica uscire sconfitto anche come preda. Un cacciatore, in condizione di continuo pericolo, non può che essere “debole”. E’ una sua condizione intrinseca ed esistenziale.

Il maratoneta quando vince, vince una volta sola. Agguanta la preda e non soccombe al predatore. Gli è concessa una vittoria e si risparmia una sconfitta.

Quando perde, invece, perde due volte. Non gioisce per la conquista della preda e si lascia fagocitare dal predatore. Si ritrova in balia della fatica.

In questa lotta per la sopravvivenza, le doti utili nelle vesti di predatore e preda sono le medesime: pazienza, calma, strategia, conoscenza di sé, di chi gli sta intorno e dell’ambiente, moderazione. Questa può essere la sua forza.





Sending
User Review
4 (1 vote)

Posted by