Chi gareggia sia su strada che su pista, conosce bene la relazione inversamente proporzionale tra lunghezza della gara e sofferenza durante la stessa: al diminuire dei chilometri della competizione, aumenta proporzionalmente la necessità di accettare livelli di disagio via via sempre maggiori, a patto di voler correre al massimo delle proprie possibilità. Del resto, i 400 metri vengono chiamati “giro della morte” per un motivo ben preciso!
I 5.000 metri in pista sono forse la distanza più difficile da interpretare: corti rispetto a una gara in strada di 10 km (ancora di più rispetto a un 10.000 in pista…), parecchio più lunghi rispetto a un 3.000 in pista, quasi un altro sport rispetto alle distanze inferiori. Jack Daniels liquida la questione della sofferenza in gara scrivendo “… these are not fun intensities to hold for prolonged periods, and the mental aspect of these distances is certainly important.”. Del resto, si tratta di correre a percentuali probabilmente superiori al 95% della VO2max, quindi ben oltre la (ipotetica) soglia anaerobica, con il cuore che batte a frequenze molto vicine a quelle massime.
Cosa serve quindi per rendere al massimo? La preparazione adatta (a ogni distanza, il suo allenamento!), l’atteggiamento mentale corretto, la giusta compagnia e… un buon meteo! Sono infatti necessarie diverse settimane (mesi) per adattarsi, soprattutto se non si è abituati a correre a determinati ritmi. Allo stesso tempo, partire consci della sofferenza necessaria a fare bene, aiuterà sicuramente dopo. Se poi la situazione climatica non sarà penalizzante e per buona parte di gara ci sarà la possibilità di correre dietro ad altri atleti, ecco che le probabilità di fare una buona prestazione aumenteranno. Al contrario, fare bene sarà quasi proibitivo…
Non l’avevo detto a nessuno, forse non lo sapeva nemmeno il mio inconscio. Per due mesi mi ero ripromesso di non gareggiare, ma la necessità di testare Garmin Elevate era troppo impellente, recensione entro fine trimestre: anche se ci sto prendendo gusto, purtroppo ci vuole tempo per scrivere cose sensate. Riesco a correre intensamente in allenamento, a condizione di non prendere più di tre aerei a settimana. Ma in generale, per fare un test serio, niente di meglio che una corsa intensa in pista con amici e conoscenti: dodici giri e mezzo, pochissimi minuti, battiti tutti in Z5 e a casa dopo nemmeno novanta minuti. Ma davvero il fenix 3 HR misura correttamente i battiti dal polso anche a velocità elevate? Come prepararsi per un 5.000? E com’è andata a finire la gara? Non risponderò a nessuna delle tre domande, stiamo valutando l’interesse dei lettori, soprattutto per capire se interessano più gare, allenamenti, gadget oppure aneddoti. La nostra sensazione è che la combinazione dei quattro elementi sia vincente.
5.000 in pista. Non ci sono molte gare per noi master, non se ne parla molto sui principali blog italiani, non esistono tantissime tabelle per prepararle, spesso non sono nemmeno descritte nei libri italiani focalizzati a correre più velocemente. Eppure è una gara molto affascinante, perché può essere preparata sia dal punto di vista della velocità sia da quello della resistenza. Sicuramente la mia preferenza è per la seconda, ma è chiaro che la storia dell’atletica ha visto competere atleti che provenivano dai 1.500 così come altri che inizialmente erano partiti dai 10.000. Tra i due estremi possiamo tra gli altri citare Hicham El Guerrouj, vincitore dei 1.500 e 5.000 ad Atene, oppure Kenenisa Bekele, dominatore dei 5.000 e 10.000 alle Olimpiadi a Pechino. Senza dimenticare Lagat, Gebrselassie e Mo Farah, il primo focalizzato sulla velocità, gli altri due dominatori sui 10.000, ma anche sui 5.000.
Momento d’aggregazione e punto di partenza. Sabato in effetti ho partecipato ad un 5.000 in pista dell’Atletica San Marco, una delle più importanti società podistiche della Lombardia, che organizza a novembre la Mezza Maratona di Busto Arsizio, gara notoriamente molto veloce e ben organizzata e che vedrà alla partenza molti lettori del sito. È stato anche un momento importante d’aggregazione, non vedevo così tanti amici podisti da tempo immemorabile, molti dei quali mi hanno ricordato episodi passati. Ma è stato anche un test per capire quali possono essere i miei limiti sulla distanza.
Preparazione. In effetti per ora non l’abbiamo preparata, ma stiamo pensando di dedicarci sei settimane. Ma trovare una pista per gli allenamenti in giro per l’Europa è molto difficile, e correre soltanto alla mattina non mi permetterà d’allenarmi al meglio. Mi hanno scritto che sono interessato solamente ai gadget e non seguo allenamenti specifici, ma se foste interessati, potrei condividere i miei allenamenti e il mio programma. Imposterò comunque la tabella in due microcicli di due settimane e una fase finale pre-gara. Ovviamente avendo la possibilità di leggere Run Faster di Brad Hudson, ubi maior, minor cessat.
La partenza. Sedici, diciassette o venti minuti possono sembrare pochi, e quindi mentalmente spingono i podisti a correre più forte del solito. Aggiungendo il fatto che è una gara inconsueta, il grave errore che si può commettere è quello di pensare di correrla come se fossero delle ripetute 5 x 1.000: non essendoci riposo, partire 5” al km troppo velocemente potrebbe influenzare il risultato finale. Di quanto? Almeno di tre volte il tempo al chilometro ottimale! Tutto è chiaramente in funzione della vostra motivazione.
Prendete per esempio Serena, 23 anni, peso ottimizzato, un futuro di successi nell’atletica, un presente alla ricerca del miglioramento continuo. Ma sabato i 26 gradi e la partenza troppo rapida hanno portato immediatamente i battiti oltre soglia, limitandone le prestazioni nella seconda parte di gara. Anche i migliori e gli inesperti sbagliano.
La mia gara. Per i 5.000, nel mio piccolo ho suddiviso mentalmente la gara in quattro parti: il riscaldamento, i primi cinque giri, la parte centrale e l’ultimo chilometro. In una gara così corta riscaldarsi bene è fondamentale: meglio 30 minuti che 15 minuti, soprattutto dopo aver passato la mattinata sulle tribune di un torneo calcistico di “pulcini”. Ma alla partenza l’unica cosa che contava era correre velocemente senza esagerare. Trovandomi in testa senza grossa opposizione, ho rallentato l’andatura al quinto giro, probabilmente cosciente del vantaggio accumulato e della temperatura non ideale per gareggiare. Nella parte centrale c’è poi stato un rallentamento sostanziale, causato dalla poca dimestichezza con la distanza e dalla mancanza di un obbiettivo vero: sabato, a parte il test, ho corso solamente per incontrare persone che non vedevo da tempo immemorabile, conscio comunque di avere ampio margine sulla distanza. Allo scoccare dell’ultimo chilometro però ho cercato un’accelerazione, non esattamente riuscita, nemmeno nell’ultimo giro. La testa fa sempre brutti scherzi. Risultato finale 16’38”, non male come debutto, ma potrò fare meglio tra sei settimane, ammesso di trovare una gara in pista.
fenix 3HR. E il fenix 3? La recensione più lunga mai scritta è stata quasi completata e sarà pubblicata nei prossimi giorni. Abbiamo iniziato la collaborazione con Simone di Runnerpercaso, che ci ha aiutato dal punto di vista tecnico e soprattutto nella preparazione delle foto. Per ora ci limitiamo a dire che anche in pista si è comportato meglio del previsto, per la recensione basterà aspettare qualche giorno. Per il momento ci limitiamo a ringraziare tutti coloro che suggeriscono di stringere l’orologio come un laccio emostatico, senza dimenticare quelli che scriveranno nei commenti che il GPS in pista non serve a nulla. Ma chi può di più, può di meno: anche il fenix 3 ha il cronometro ed esiste un’App IQ che visualizza pure i centesimi di secondo. La vita è bella…