“Maratona di Padova 2016”, la solitudine del maratoneta

Maratona di Padova 2016

Maratona di Padova 2016Tredicesima maratona portata a casa (dodicesima, non considerando quella del 2013 fatta come allenamento). Purtroppo non c’è granché da dire, almeno dal punto di vista della cronaca. Parto da quella, per poi aggiungere qualche considerazione generale…

Dopo giovedì (qui), tutto è andato via liscio, con solo un pizzico di preoccupazione sabato pomeriggio al ritiro del pettorale, visto il caldo più che estivo in Prato della Valle! Cena “da talebani” in camera col mio amico piemontese Federico (anche se di poco, PB per lui!), un po’ di televisione, poi a letto presto per una bella dormita. Alla sveglia tutto bene: ottime sensazioni fisiche e la giusta voglia di correre. Arriviamo in zona partenza un’ora abbondante prima, quindi con tutto il tempo per prepararsi con calma. Griglie organizzate molto bene, entriamo a dieci minuti dallo sparo e ci piazziamo senza problemi in prima fila. La temperatura alle 9:00 è quasi ideale.

Al via (bella la partenza nello stadio, sulla pista di atletica!) trovo facilmente il mio spazio e mi scopro da subito solo, già dopo il primo chilometro: sarà una costante per praticamente tutta la mia maratona! Primi chilometri corsi a un ritmo abbastanza agevole, con la consapevolezza che c’è sempre tempo per aumentare. Passo in 18’30” al 5° km, da qui aumento leggermente e chiudo i secondi 5 km in 17’54” (36’24” al controllo dei 10 km, 3’38” al km), con poca fatica e buone sensazioni. Continuo più o meno così, evitando di forzare sui leggeri cambi di pendenza, e passo alla mezza in 1h17’26” (3’40” al km).

Inizio a sentire un po’ il caldo, quindi approfitto dei vari ristori e spugnaggi per bere più del solito e bagnarmi completamente. Dal 25° km rallento leggermente e vengo raggiunto poco dopo dalla prima donna. La tengo a vista per un chilometro, poi piano piano mi faccio staccare. Passo al rilevamento del 32° km in 1h59’57” (3’44” al km): nessun problema di fiato, le gambe tutto sommato rispondono abbastanza bene, ma un po’ per il caldo e un po’ per la mancanza di stimoli esterni, sento di non avere granché voglia di spingere e far fatica!
Proseguo nel mio “torpore” agonistico fino al 34° km, quando vengo raggiunto e superato da un altro atleta. Per fortuna, perché praticamente mi risveglio! Lo seguo per un chilometro a un ritmo di una decina di secondi al km più veloce di quello al quale stavo procedendo, poi al 35° km lo ripasso, proponendogli di alternarci fino alla fine. Purtroppo mi accorgo dopo pochi secondi di essere nuovamente da solo. Riesco a mantenere la concentrazione ancora per qualche minuto, poi tra il caldo che aumenta e l’assenza di obiettivi a vista, torno a un’andatura tale che mi permetta di arrivare al traguardo senza troppe difficoltà.

Concludo in 2h38’22” (3’45” al km), al 9° posto assoluto e al 3° di categoria SM40 (vincitore assoluto e 1° di categoria un grandissimo Pertile!), non perdendo granché negli ultimi 10 km rispetto alla media tenuta fino al 32° km. Qui la classifica completa, qui la mia gara su Strava, qui su Garmin Connect.

Come classifica, molto probabilmente non potevo fare di più. Come tempo finale, qualcosina si poteva invece sicuramente limare. Tre sono gli aspetti che a mio avviso sono stati la causa di una performance cronometrica deludente: poca “confidenza” con la distanza, mancanza di stimoli agonistici e fattore climatico nella seconda parte di gara.

CHILOMETRI E MARATONA
Ho ripreso ad allenarmi seriamente a inizio gennaio (ripartendo da una condizione di forma tutt’altro che buona), trovando un buon chilometraggio settimanale solo da inizio febbraio. Avrei voluto fare qualche chilometro in più nell’ultimo periodo prima dello scarico, però ovviamente sto scrivendo col senno di poi: in altre occasioni ho corso ancora meno e ho ottenuto ottimi risultati, quindi non c’è garanzia nell’equazione “tanti chilometri = prestazione assicurata”, anche se forse, da un punto di vista puramente psicologico, l’aver corso tanto aiuta ad avere maggiori certezze. Certezze che sicuramente mancavano, rispetto alle altre maratone: due anni senza concluderne una (qui l’ultima) non sono pochi!

MEGLIO SOLI CHE MALE ACCOMPAGNATI, ANCHE SE…
In un’altra occasione (qui) mi ero lamentato di aver esagerato con il ritmo nella prima parte della maratona (per non perdere contatto da un gruppetto di atleti), rovinandomi praticamente la gara da solo. Domenica però è stato veramente irreale trovarsi a correre da solo tutto quel tempo, non mi era mai capitato per così tanto! Con una gara così lunga, avere un minimo di “compagnia” ti permette di non rallentare troppo nei momenti di difficoltà, stringendo magari i denti per seguire chi sta correndo con te. Anche avere qualcuno davanti da raggiungere può essere uno stimolo a dare un po’ di più, soprattutto alla fine, quando le energie nervose possono compensare le poche energie fisiche rimaste. Ma se mancano sei chilometri, senti caldo, davanti non vedi nessuno (e dietro nemmeno), puoi farti tutta la violenza psicologica che vuoi, però se il pensiero “Cambia qualcosa se faccio 2h35′ o 2h39′?” inizia a girarti in testa… ecco che in un attimo ti ritrovi a sposare la tesi del massimo risultato col minimo sforzo! Che poi, a dirla tutta, come ragionamento non è nemmeno sbagliato: stamattina sono uscito per sei chilometri di recupero e non ricordo di aver mai avuto gambe così fresche a sole 48 ore dalla maratona!

CLIMA
Non lo scopro sicuramente ora (ne parlano in maniera approfondita sia Tim Noakes che Jack Daniels): in una gara lunga è forse il fattore più importante quando si punta a raggiungere un determinato riscontro cronometrico. Le condizioni ottimali per correre forte e al massimo delle proprie possibilità sono almeno una decina di gradi più sotto rispetto alla temperatura di due giorni fa. Il problema principale, ma è una cosa che capita spesso nelle maratone primaverili, non è tanto la temperatura in termini assoluti, quanto il fatto che l’organismo non si è ancora abituato a correre in quelle condizioni. Figurarsi per uno che finisce di correre alle 7:00 di mattina e che fino al giorno prima ha corso con le maniche lunghe e i tights al ginocchio…
A livello di liquidi, tra quello che ho bevuto prima (circa 2 litri in quattro ore), durante (forse 500/600 ml) e dopo (3 litri entro un’ora dalla fine), in tutta la giornata avrò buttato giù quasi 8 litri di roba! E ieri mi sentivo e vedevo ancora disidratato…

L’importante comunque era finirla, per riassaporare le sensazioni dei chilometri  dopo il trentesimo e avere un tempo di riferimento dal quale ripartire. Ora una settimana abbondante di recupero attivo e poi festeggio i dieci anni di gare alla mezza della mia città, l’8 maggio!

Setteveli e Abbraccio di VenereP. S. Recupero alimentare post-gara (mi è stato espressamente chiesto di scriverlo…): uvetta, banane e acqua al ristoro. Beverone con proteine ecc. in camera. Pranzo con una pizza e mezza e due birre ambrate (“Grimbergen Double”) medie. Andando verso la stazione, assaggio della torta Campione del Mondo di pasticceria 1997 (qui) e di un’altra torta degna di nota. Per cena, frittatina morbida di asparagi, fiorentina da oltre 1 kg, spinaci al burro (bollicina rosé con l’antipasto, vino rosso con la carne), per finire gelato alla vaniglia e zenzero con olio extra-vergine di oliva. Di solito mangio anche di più, ma continuavo ad avere una gran sete… :-D

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